La Nuova Sardegna

Buggerru, dopo l'eccidio il primo sciopero generale

di Angelo De Murtas

16 novembre 2021
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La protesta operaia che avrebbe condotto alla sparatoria e alla strage fu provocata da un'improvvida iniziativa del direttore, l'ingegnere Achille Georgiades, il quale il 2 settembre, un venerdì, dispose che l'entrata in vigore dell'orario invernale, che riduceva di un'ora, dalle undici all'una invece che dalle undici alle due del pomeriggio, la pausa del lavoro concessa ai minatori nelle ore centrali della giornata. Di qui l'esplodere della rabbia. All'una di quel giorno nessuno si presentò al lavoro. I pozzi, le laverie, le officine, i magazzini, restarono deserti. I lavoratori, in una massa che si andava ingrossando via via, si diressero verso l'abitato e la direzione della miniera e lì si riunirono in una vasta folla che lanciava grida di protesta. Quella sera stessa giunsero a Buggerru i capi riconosciuti della federazione regionale dei minatori, Giuseppe Cavallera, giovane medico piemontese che s'era stabilito a Carloforte per guidarvi le lotte operaie, e il socialista Alcibiade Battelli, ma il loro intervento non valse a riportare la calma. Fin dal primo momento il direttore Georgiades s'era affrettato ad informare di quel che andava accadendo la prefettura di Cagliari e a chiederne l'aiuto. Aiuto che non mancò: già il sabato giunsero a Buggerru un viceprefetto, un capitano dei carabinieri, un delegato di pubblica sicurezza.

A quel punto il direttore si sentì più sicuro e accettò di trattare con una commissione operaia. In realtà intendeva guadagnare tempo, così che da Cagliari gli giungessero gli aiuti più consistenti che gli erano stati promessi. Perciò eludeva ogni decisione sostenendo di dover attendere da Parigi l'assenso della direzione generale alle sue decisioni. Gli aiuti invocati giunsero, infine, nel pomeriggio della domenica 4 settembre. Erano costituiti da due compagnie del 42 reggimento di fanteria; i soldati, partiti all'alba in treno da Cagliari, avevano poi percorso a piedi la lunga strada da Iglesias a Buggerru. Poiché non parve opportuno lasciare che bivaccassero in piazza, si decise di alloggiarli nel vasto locale della falegnameria, che tre operai ebbero incarico di preparare com'era possibile. Dalla folla degli operai si gridò perché i loro tre compagni uscissero dal fabbricato e si unissero a loro. Partirono le prime sassate, mentre i soldati disposti a presidio della falegnameria spianavano i fucili. D'un tratto si levò il grido di un minatore colpito a una gamba da una baionetta.

Fu il segnale della sparatoria, che fu breve e intensa. Dalla sede della direzione dove si trascinavano le elusive trattative col direttore della miniera accorsero Giuseppe Cavallera e un capitano dei carabinieri. Ma la tragedia s'era già consumata: sulla terra battuta della piazza giacevano una decina di minatori. Due, Felice Littera di 31 anni e Salvatore Montixi di 49, erano morti, un terzo, Giustino Pittau, morì di lì a poco in un letto d'ospedale. Tutto qui. L'autorità dell'ingegnere Georgiades era salva, ed erano salvi i profitti della società Malfidano. Che cosa accadde poi si sa bene. Se alle giovani organizzazioni operaie bastarono pochi giorni per proclamare il primo sciopero generale, occorsero due anni perché il Parlamento nominasse una commissione d'inchiesta, e ne dovettero trascorrere altri cinque perché questa presentasse la sua relazione.

(Da “Pallottole contro la rivolta”, Nuova Sardegna del 4 settembre 2004)

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