La Nuova Sardegna

Antoni Palitta, 100 anni del cantore contadino tra i professori

di Luciano Piras
Antoni Palitta, 100 anni del cantore contadino tra i professori

Pattada celebra il centenario della nascita del suo poeta che seppe dare voce nella sua lingua a temi universali  

17 novembre 2021
4 MINUTI DI LETTURA





Umile e riservato, sofferente, sempre cagionevole di salute e fragile come il guscio di un uovo, «che corza ’e ou» diceva di se stesso. Eppure così incisivo e determinato, illuminante e moderno da lasciare il segno indelebile persino ai posteri.

Non è certo un caso se oggi Antoni Palitta, scomparso nel 2003, s’annu de sa dispedida, viene ricordato in occasione del centenario della sua nascita. Viene celebrato da Pattada, dove è nato nel 1921, dove è cresciuto, ha lavorato, ha vissuto e dove è morto, ma soprattutto viene ricordato dai poeti e dagli amanti della poesia sarda che affollano in lungo e in largo la Sardegna.

Del resto Palitta, popolare com’era, è stato un contadino autodidatta con la quinta elementare in tasca che ha saputo innestare parole e limare versi e confrontarsi allo stesso tavolo degli accademici, è stato «unu massaju in mesu de professores, autoridades e istudiados» dice di lui Angelo Carboni Capiali, docente di lingua inglese e studioso di letteratura sarda, curatore di diverse antologie. «Palitta si sentiva uno degli ultimi – sottolinea –, magari anche poco considerato, una sorta di “pària”, proprio come Alda Merini». Una contraddizione in termini, ma soltanto apparente: da una parte l’uomo poeta preso dagli affanni e triste come il vento nel cuore della notte (“tristu est su entu in sa notte niedda”); dall’altro l’uomo poeta universale amato e stimato ancora oggi come voce dell’anima, “Sa ‘oghe de s’anima”. Questo il titolo di un recente convegno che ha chiamato a raccolta, nel cinema Santa Croce di Pattada, amici, estimatori e semplici curiosi di Antoni Palitta.

«Un uomo che ha attraversato questo mondo in punta di piedi, ma che ha lasciato tracce profonde nella cultura e nella nostra identità» sottolinea Lussorio Cambiganu, deus ex machina della serata commemorativa organizzata dalla Pro loco Lerron in collaborazione con la parrocchia di Santa Sabina di Pattada e Santu Giagu de ‘Antina, e con il patrocinio del Comune di Pattada. È lui, Cambiganu, poeta a sua volta, che la scorsa estate ha lanciato un’iniziativa sui social invitando i poeti sardi a rendere omaggio a Palitta dedicandogli una poesia. Immediata e corale la risposta: da Peppe Montesu a Pierino Devilla, da Giovanni Pau ad Antonio Ruiu, Giovanni Juanne Villa, Costantinu Sanna, Paola Nieddu, da Giuseppe Casula e Totore Cappai a Vincenzo Spiga e Maria Luisa Pisanu, Dina Montesu, Giuseppe Chessa, Gavino Sassu, Pierpaolo Pau, Pietro Goddi, Cosimo Capra, Vittorio Falchi, Tonino Carta e Pepe Flore. Ogni angolo dell’isola ha detto la sua. Le mille voci della poesia sarda sono poi convenute a Pattada, già patria di maestri come Luca Cubeddu, Pisurzi e Limbudu. Antoni Palitta farà loro buona compagnia, non c’è dubbio, nell’Olimpo della poesia dei poveri. «È stato una delle più spiccate personalità poetiche della corrente nuova, alla quale è giunto dietro una progressiva evoluzione e maturazione» si legge nell’antologia “Poesia in Sardegna. 1956-1967”, uscita a Cagliari (Editrice Sarda Fossataro) nel 1969 a cura di Antonio Sanna e Tonino Ledda. Il nome di Antoni Palitta, tuttavia, era già noto: era comparso persino nell’antologia “Nuovi poeti dialettali”, del 1959, pubblicata a Milano dall’editore Guido Miano. «Antoni Palitta ha iniziato a scrivere poesie quando aveva appena 15 anni – ricorda il medico Giuseppe Demontis –. Riempiva interi quaderni e cantava sia nelle gare di poesia estemporanea sia in divescios zilleris, in diversi “bar”». «Tra il 1946 e il 1947 però bruciò tutte le opere che aveva scritto fino a quel momento. Si salvò soltanto “Saldigna abbandonada”, diciannove ottave. Più tardi rinnegò la “poesia estemporanea”, considerata poesia di seconda serie, non vera poesia ma poesia fatta per puro gioco, per divertimento». Collaboratore de “La Nuova Sardegna”, della rivista “S’Ischiglia”, Antoni Palitta fu premiato dal prestigioso “Città di Ozieri”, della cui giuria fu in seguito componente. Ha partecipato e vinto in diversi concorsi, Bonorva, Sennori, Posada, Piacenza. Dal 1984 non ha più partecipato ad alcun Premio. «Ha cantato i poveri, gli ultimi e derelitti – riprende Angelo Carboni Capiali –, con la sua poesia Antoni Palitta riesce a farci soffrire con lui a causa della siccità delle campagne, delle difficoltà in genere, degli incendi». «In custos fenos sicos caddos malos de fogu curren su palu a fiancu ‘e pare...». Fin dai primi componimenti, sonetti, ottave, sestine ed endecasillabe, rigorosamente in rima, come voleva tradizione, per approdare poi ai versi più sperimentali, sciolti e aperti, liberi, ricchi di figure retoriche, metafore, similitudini, anafore, ossimori. La poetica di Palitta è quella di un uomo umile e di poche parole, di chi le parole le pesa oncia dopo oncia. È la poetica di un uomo segnato da un corpo prigioniero della malattia. «Paret sos moltos c’attiten sos bios» recita un verso tratto dalla sua “Notte de entu”. «Sembra che i morti piangano i vivi». Eccola la cifra di Antoni Palitta da Pattada: «Saludu! omine sabiu e donosu. / Ischis chie so eo? Su suore, / de su samben cumpanzu, de su dolore / e de sa terra sale generosu, / cumpanzu ‘e s’agonia, pena e cuntentu de sa parturente».



In Primo Piano
La lotta al tabacco

Un sardo su tre fuma e i divieti sono ancora blandi

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative