La Nuova Sardegna

Presentato il dizionario del dorgalese, un tesoro prezioso di parole e storia della nostra isola

di Luciano Piras
Presentato il dizionario del dorgalese, un tesoro prezioso di parole e storia della nostra isola

Il lavoro di ricerca di Andrea Deplano. Oltre 30mila lemmi di un lessico millenario

01 dicembre 2021
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Prendi una parola a caso, per esempio “allega”, tanto per stare in tema. È un sostantivo femminile che può significare “vocabolo”, “frase”, “lingua”, “idioma”, “dialetto”, “ragionamento”, “versione”, “diceria”, e altro ancora. Andrea Deplano elenca e sviscera ogni singola tonalità. «S’allega durgalesa iscàstat da-e sas de sas biddas a intundu», sottolinea lo studioso. La lingua dorgalese è diversa da quella dei paesi intorno. «A s’allega no est durgalesu», aggiunge. Il suo parlare non è dorgalese. E ancora: «Son essìos in tott’un’allega». Hanno dato la stessa versione dei fatti. «Est un’allega chi an boccau ma no b’at nudda de proau». È una diceria che hanno messo in giro ma non c’è nulla di provato. «No est allega chi dechet in buca de una pitzinna bene educâ». Non è espressione che sta bene in bocca a una ragazza bene educata. Infine, per chiudere il ricco escursus sul termine, si segnala l’aggettivo: “allegantinu”, ossia: ciarliero. Brevissimo, da qui, il passo verso il verbo intransitivo “allegare”, che da un lato significa “parlare”, dall’altro significa “prenotare”, “riservare”, “ordinare”. A dimostrazione che il viaggio nei meandri della lingua sarda, dorgalese in questo caso specifico, è davvero lungo, affascinante e senza alcuna destinazione prefissata.

È il professor Andrea Deplano che, con oltre quattro decenni di studi alle spalle, fa da cocchiere navigato con il suo nuovissimo “Ded”, “Dizionario etimologico dorgalese”, edizioni Grafica del Parteolla, un migliaio di pagine raccolte in due poderosi tomi racchiusi in un elegante cofanetto cartonato. Un lavoro monumentale, tanto vasto quanto pignolo, che fa da spartiacque nel mondo dei dizionari sardi e che servirà da modello per chi in futuro vorrà lanciarsi in sfide simili. Un dizionario, il “Ded”, che lascerà il segno esattamente come ha lasciato il segno, nella terra dei nuraghi e oltre, il “Des”, il “Dizionario etimologico sardo” del linguista tedesco Max Leopold Wagner. «Nell’opera di Deplano si sentono persino gli odori di Dorgali e del suo territorio, si apprezzano i sapori, si coglie lo spirito antico e leale della sua gente» sottolinea nella presentazione Ernesto Nieddu, come a voler rimarcare il valore aggiunto che il “Ded” porta con sé. Già ricco e traboccante, con una sterminata mole di lemmi (oltre 30mila) testimoni di un patrimonio lessicale e costrutti grammaticali e sintattici senza precedenti.Ogni parola è scandagliata nel suo significato, nella sua origine e nella sua evoluzione, etimologia e filologia vanno sempre a braccetto. Con un’attenzione maniacale persino per i toponimi e per il lessico geografico. Frasi, proverbi, modi di dire, poesie, scongiuri sono ovunque, a movimentare un’opera da leggere di rimando in rimando, in questo viaggio dentro una lingua che si è evoluta nei millenni. Cercare la voce “limba” per credere: parti da lingua, intesa sia come organo anatomico sia come mezzo di comunicazione, idioma e varietà dialettale e passi per “limbùdu”, linguacciuto, senza dimenticare “limbichècche”, balbuziente; “limbidurche”, riferito al modo di parlare dei fonnesi; “linbiladu”, affetto da bradilalia; “limbirànchiu”, pungente; “limbisalìu”, menagramo, iettatore. Ogni singola parola trasuda di storia e cultura della Sardegna, ogni termine catalogato è una finestra che parte dal passato e da Dorgali guarda al mondo. Non a caso il “Ded” apre con un saggio bilingue italiano-sardo che inquadra la storia del paese ai piedi del monte Bardia dal 6.000 avanti Cristo (“innanti de Cristos”) fino ai giorni nostri.

Classe 1959, nato a Dorgali ma da una vita residente a Cagliari, docente di Lingua e letteratura francese, già noto al grande pubblico per i suoi studi sul canto a tenore (tuttora fondamentali), Andrea Deplano muove i suoi passi convinto che «l’idea che una civiltà antica e progredita come la civiltà della Sardegna non avesse lasciato tracce nella lingua odierna era troppo strana perché accettassi supinamente una derivazione dal latino o da lingue romanze per comprendere le parole del lessico sardo».

«Né mi erano di conforto – sottolinea – gli studi universitari su manuali come Tagliavini, Wagner e quant’altro». È all’incontro con il professor Raffaele Sardella che Deplano deve l’iniziazione allo studio delle lingue pre-classiche. Il grimaldello per poter entrare in una lettura illuminante: «Gran parte delle denominazioni relative al canto a tenore – svela l’autore del “Ded” – affondano le radici nella religione degli antichi sardi che ho interpretato grazie ai nomi della religione delle civiltà mesopotamiche. Ero riuscito a trovare la chiave di volta dei miei studi nella decodifica di una intera frase, ancora perfettamente conservata dentro il canto polivocale del ballu a passu turturinu del tenore di Orosei». È così che è partita la lunga avventura di analisi e ricerche continue approdate ora nel “Ded”.

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