Intervista con Ermal Meta: «Il mio bisogno di scrivere»
Il cantante debutta con il suo primo romanzo che presenterà al Premio Dessì. «In una canzone racchiudi tutto in pochi minuti, il libro è un percorso molto lungo»
Il pubblico sardo lo apprezza da anni per la sua musica, i suoi testi, le sue canzoni. Ora, per la prima volta, Ermal Meta sbarca nell’isola in una veste diversa, insolita, quella di scrittore. Il cantautore, infatti, ha dato alle stampe il suo primo libro, “Domani e per sempre”, edito da La nave di Teseo, collana Oceani. Un romanzo in cui ha messo insieme una galleria di personaggi, su tutti il giovane Kajan, che si trovano a vivere nel cuore dei grandi conflitti del Novecento, tra nazismo e comunismo. Venerdì 23 alle 21.30 Ermal Meta presenterà il suo libro - di cui la Palomar di Carlo Degli Esposti ha opzionato i diritti cinematografici per una serie televisiva - a Villacidro all’interno del Premio Dessì.
Ermal, qual è stata la spinta che l’ha portata a scrivere un romanzo?
«È nata qualche anno fa. Ho sentito il bisogno di raccontare diversamente quello che avevo dentro, senza musica, ma attraverso un percorso molto più lungo. È stato un viaggio sia nelle parole che dentro di me».
Quanto Ermal c’è in Kajan?
«Non ci sono riferimenti autobiografici. Sarebbe stato fin troppo facile procedere in questo modo, anche se la passione per la musica è sicuramente qualcosa che abbiamo in comune».
Nel suo romanzo c’è tanta storia: è stato difficile coniugare la realtà con la fantasia?
«Non è mai semplice trovare il giusto equilibrio tra la fantasia e la realtà. Ho fatto un lavoro di ricerca e uno studio approfondito a livello storico, linguistico e geografico che ha richiesto tempo e concentrazione. A tratti è stato molto impegnativo, ma il bisogno di raccontare quello che volevo esprimere era tale che le difficoltà non le ho vissute come tali, ma come un percorso di formazione che mi ha arricchito».
Lei è nato e cresciuto nell’Albania comunista: che ricordi ha della sua infanzia?
«L’Albania è una terra bellissima, ho anche dei bei ricordi e torno sempre volentieri. Ricordo anche le difficoltà, ma per fortuna sono legato alla mia terra per la sua forza anche nel riscatto e per quello che di bello mi porto dentro».
Nessuno di noi può dimenticare la nave Vlora che sbarca a Bari nel 1991, Gianni Amelio ha fatto anche il film “Lamerica”: cosa rappresentano per lei quelle immagini?
«Sono immagini forti, ma dietro alla disperazione, alla guerra, alla fame e all’oppressione vedo le speranze di un popolo che legittimamente ricercava il modo di riscrivere il proprio destino attraverso la libertà».
Il romanzo si snoda tra nazismo e comunismo: oggi le fa paura il riemergere degli estremismi, dei populismi, dei sovranismi, in alcuni casi anche dei fascismi?
«Non smetteranno mai di fare paura: gli estremismi da qualsiasi parte li vai a configurare, erano, sono e saranno sempre pericolosi».
È più difficile scrivere un libro o una canzone?
«Più che parlare di difficoltà direi che sono due percorsi diversi. In una canzone devi racchiudere tutto in pochi minuti; la scrittura di un romanzo è un percorso molto più lungo. È stato un viaggio sia attraverso le parole che dentro me».
È arrivato in Italia a 13 anni, ora ne ha 41: oggi lei pensa in italiano o in albanese?
«Da anni ormai sogno in italiano, la stessa cosa vale anche per il pensare. Ma non rinnego nulla; ogni volta che torno in Albania mi piace risentire quel suono e mi piace parlare nella mia lingua madre».
Il 23 settembre sarà in Sardegna per il Premio Dessì: a quando invece il prossimo concerto nell’isola?
«Spero al più presto. La Sardegna ha sempre partecipato meravigliosamente al mio percorso artistico ed è una terra bellissima. Ci torno sempre volentieri».