La Nuova Sardegna

Maria Teresa Ruta: «Grazie al Trap smisi di essere valletta»

di Alessandro Pirina
Maria Teresa Ruta: «Grazie al Trap smisi di essere valletta»

La conduttrice racconta l’amore per la cucina sarda e il tifo per il Cagliari: «Merito di Gigi Riva: serio ed elegante come mio padre»

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Nel mondo del calcio in tv c’è un prima e un dopo Maria Teresa Ruta. Fino al suo approdo alla Domenica sportiva la donna era quasi un elemento di contorno dei programmi sportivi, non molto dissimile da quanto succedeva nei quiz di Mike e dintorni. Col suo arrivo alla Diesse la musica cambia. Merito di una gavetta che ha visto la giovanissima Maria Teresa spaziare in tutti i campi, dalla tv ai giornali, dai film agli spot. Un’attitudine allo spettacolo ereditata da sua zia, Maria Teresa come lei, che condusse il primo Sanremo in tv nel 1955.

Possiamo dire che lo spettacolo è un vizio di famiglia?

«È la sorella di mio papà. Erano tempi incredibili: suonava il piano, viveva a Torino, dove era nata la tv, era spigliata, sapeva parlare bene. La vollero al primo festival di Sanremo che andò in tv, ma ai tempi la tv non l’aveva ancora nessuno. Poi si è sposata, è diventata mamma e nessuno se la ricorda più. All’epoca però ebbe anche una copertina della Domenica del corriere. Nel cuore dei miei nonni e di mio padre fu una grande emozione».

Il suo debutto in tv a 16 anni: come la presero a casa?

«Quando partecipai al mio primo concorso di bellezza mio padre non era contrario, proprio perché memore di quella esperienza con la sorella».

Arriva a Roma e tenta la carta di attrice e soubrette: che ricordi ha di quell’epoca?

«Erano anni pionieristici. Magari arrivavi a Roma con un solo indirizzo e andavi a chiedere al portiere dello stabile dove abitava quel regista o quel produttore. Andai da un manager segnalato da Torino, mi vide e mi disse che aveva già Daniela Poggi e Mita Medici, troppo simili a me. Restai spiazzata: non avevo neanche i soldi per il treno. In quegli anni ho fatto decine di provini per tutto: foto per mani, ammorbidenti. Anche la controfigura di Barbara Bouchet. All’inizio pensavo di fare l’attrice o la cantante, poi mi hanno fatto fare la presentatrice. Non lo avevo preventivato, ma parlavo bene, ero colta. Serviva una così».

Come nasce la passione per il calcio?

«Sono nata di fronte a un campo di calcio, quello della Lancia. Ogni domenica mattina mio padre mi metteva sul balcone e mentre si faceva la barba mi diceva: “Tata, quando segnano chiamami”. E io lo chiamavo e gli spiegavo l’azione. Lui allora mi insegnava la terminologia: gol, cross, traversa, rigore».

Come si avvicinò allo sport in tv?

«A Torino registravano “Caccia al 13” con Roberto Bettega. Improvvisamente il programma fu acquistato da Rete 4 e Bettega andò a giocare in Canada. Per sostituirlo in riunione litigavano: c’era chi voleva Rivera, chi Mazzola. Alla fine dissero: “perché non una donna che sa parlare di calcio?”. Io ai tempi facevo i provini per tutto. Andai. Ci presentammo solo io e Cristina Parodi. Per fortuna c’era in ballo anche un altro programma: a me affidarono “Caccia al 13”, a lei uno sul tennis».

Poi nel 1986 la Domenica sportiva: una istituzione.

«Ho aperto la strada alle donne. All’inizio mi avevano presa per i miei capelli biondi. Poi un giorno arrivò Trapattoni e disse: “questa ragazza fa il calcio da tanti anni, scrive per Tuttosport, è brava, non fatele fare la valletta”. E poi a me: “fammi una domanda”. Un attimo di gelo e gliela feci, anche interessante».

Ha incontrato i più grandi campioni: chi porta nel cuore?

«Riva, Maradona, Platini, Trapattoni, Zenga e Paolo Rossi. La sua morte mi ha sconvolta: fu la prima intervista della mia vita».

Torinese, ma tifosa del Cagliari. Perché?

«Nasce tutto nel 1969-70, su quel balcone. Era l’anno dei Mondiali. Io ho sempre associato Gigi Riva a mio padre, rivedevo in lui lo stesso physique du rôle, serio ed elegante come lui. E quell’anno il Cagliari vinse lo scudetto. Facevo l’album Panini e avevo quattro figurine di Riva. Da allora mi è rimasto nel cuore, l’ho anche conosciuto. E poi ho conosciuto anche la Sardegna».

Il suo legame con l’isola?

«Ho visitato prima la Sardegna del Nord, troppo modaiola per i miei gusti. Quando ho visto Chia, Tuerredda me ne sono innamorata. A quel punto ho comprato una casa sulla spiaggia».

Anni Ottanta, è uno dei personaggi di punta della Rai: ha mai pensato a Sanremo?

«Negli anni tante volte, ma non ho mai incrociato l’abbinamento giusto. È rimasto un sogno».

Dalla Rai a Mediaset a occuparsi di salute: a volerla fu Maurizio Costanzo.

«Era venuto ospite a Unomattina e mi propose di fare il mattino di Canale 5. Furono anni meravigliosi. Per i personaggi dello spettacolo Maurizio era come un rabdomante, riusciva a trovare l’oro prezioso che avevi dentro, non aveva preconcetti e pregiudizi. Ti dava una chance».

Un no di cui si è pentita?

«Forse sarei dovuta rimanere nel mondo del calcio, era un porto sicuro. Ma ho seguito le parole di Nils Liedholm: per vincere più scudetti bisogna cambiare squadra».

Nel 2003 partecipa alla prima Isola dei famosi: fu un azzardo?

«A suo tempo mi imbrogliarono. L’allora direttore di Rai 2, Antonio Marano, mi chiamò: “vuoi fare due settimane a Santo Domingo? Vai lì, ci stai due settimane, ti fai mettere in nomination e torni in studio”. In effetti, andai subito in nomination, ma a uscire fu Stefano Tacconi. Alla fine ci sono stata due mesi e mezzo, ho perso 10 chili e sono stata divorata dai mosquitos. Ma è grazie all’Isola che ho conosciuto mio marito Roberto (Zappulla, ndr)».

Isola, Pechino express, Gfvip: cosa rifarebbe?

«Il Grande fratello ma con più leggerezza, l’Isola per vedere se ancora ce la faccio. Forse non rifarei Pechino, perché ce l’ho nel cuore, lo ho vinto, non vorrei rovinare quel ricordo».

Oggi cosa guarda in tv?

«Tutto, sono onnivora: i talk, i talent, C’è posta per te, la tv del mattino. Adoro Eleonora Daniele. Sono una teledipendente».

Sua figlia Guenda fa l’attrice: che consigli le dà?

«Non mollare mai e fare anche la più piccola parte come fosse importantissima».

Progetti in tv?

«Continuo a condurre i miei due programmi: “Missione relitti” e “Chef per passione”».

Le piace la cucina sarda?

«Tantissimo. Mangio qualsiasi piatto. Anche le grive al mirto e su casu marzu».


 

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