Massimo Bray: «L’italiano è una lingua viva ma troppe parole straniere»
Il direttore della Treccani a Cagliari per la presentazione del libro su Maria Lai
La Treccani scommette sull’arte contemporanea, e non da oggi. Anche se proprio questa sera alle 18 il direttore generale dell’Istituto, Massimo Bray, già ministro della Cultura ai tempi del governo di Enrico Letta, sarà a Cagliari, nella sede della Fondazione di Sardegna, per presentare il libro “Cuore mio”, testimonianza e conclusione dell’omonimo progetto di Marcello Maloberti dedicato a Maria Lai, installazione site specific e performance realizzato nel 2019 in occasione del centenario della nascita dell’artista sarda e parte del programma ARS/Arte condivisa in Sardegna, il programma della Fondazione dedicato alla ricerca e promozione dell’arte contemporanea. Con Bray ci saranno l’autore, il curatore Davide Mariani e il presidente della Fondazione, Giacomo Spissu.
Professore, cosa vi ha colpito di questo lavoro?
«Innanzitutto, c’è stata una riflessione in Treccani avviata in occasione del centenario della nascita di Maria Lai. Aggiunta alla consapevolezza della importanza che Treccani attribuisce da sempre alla sua figura e alla sua arte. Noi siamo convinti si tratti di una delle più importanti artiste non solo della Sardegna ma dell’intero Paese. La nostra missione è favorire una maggiore conoscenza dell’artista, delle sue opere, della sua tecnica, della lavorazione dei cosiddetti materiali poveri. Una artista fuori dagli schemi: unica donna a quei tempi a frequentare i corsi di Martini e Viani, la grande sensibilità che le viene dalla sua amicizia con Dessì. Tutto questo spiega perché Maria Lai sia finita al centro della nostra attenzione. Con la Fondazione di Sardegna lavoriamo proprio per favorire la ricerca e la promozione dell’arte contemporanea».
Tramite Treccani Arte l’Istituto promuove l’arte contemporanea e il design: quali sono i punti di forza di questa mission?
«Io avvicino sempre l’arte al nostro lavoro dedicato all’osservatorio della lingua. L’arte è uno dei linguaggi più importanti. Attraverso il valore enciclopedico siamo stati capaci di sistematizzare e restituire al pubblico varie manifestazioni della cultura. Grazie alla rete di ricercatori e ricercatrici possiamo fissare il valore di un artista e farlo conoscere. Con la nostra enciclopedia sull’arte contemporanea in quattro volumi abbiamo affrontato l’arte contemporanea nel mondo, dall’Europa agli Usa, dall’Asia all’Africa, all’America Latina, siamo andati a sistematizzare un sapere che emerge in ogni continente. Col lavoro di Vincenzo Trione e Valeria Della Valle abbiamo dimostrato come un sistema enciclopedico riesca a essere attuale e utile nel dibattito sulla certificazione della conoscenza».
La lingua è in continua evoluzione: quali sono gli aspetti che caratterizzano la nostra epoca?
«Questo è uno dei valori fondanti della Treccani: siamo di fronte a una lingua viva. Da una parte, l’osservatorio registra quelli che sono i grandi cambiamenti della società, dall’altra cerca anche altre forme di adattamento. Da Migliorini in poi, e oggi con Serianni e Della Valle, registriamo questi cambiamenti, prestiamo attenzione alle parole nuove, a quelle che arrivano da fuori, da altre lingue. Oggi viviamo una dominazione degli anglicismi che dovremmo forse un po’ limitare: la lingua italiana ha una ricchezza tale che si dovrebbe prestare più attenzione, noi osserviamo che c’è un uso esagerato di parole straniere. E poi cerchiamo di registrare anche fonti differenti, quali l’arte o le parole delle canzoni. Se presentiamo la lingua in questo modo suscita interesse, anche tra le nuove generazioni».
Nell’ultimo vocabolario l’Istituto Treccani ha preso una posizione netta a favore della parità di genere, dei diritti delle donne: perché un qualcosa che dovrebbe essere normale suscita ancora così scalpore e addirittura critiche?
«Il lavoro dell’osservatorio è al servizio dei cittadini e registra i cambiamenti della società. Non diciamo che occorre fare questo ma sottolineiamo che esiste una necessità. Cosa è una famiglia oggi, qual è il rapporto tra uomo e donna, tra adolescenti: tutto questo l’osservatorio lo registra e lo presenta. Sono contento che il nostro sia arrivato qualche mese prima di un altro grande vocabolario europeo».
Come nasce la svolta social di Treccani?
«Merito di Rita Levi Montalcini, che nel 1995, da presidente dell’Istituto, volle che avesse un sito web. Era molto incuriosita da internet. Volle iniziare la digitalizzazione di tutto l’archivio: una scelta straordinaria. Insisteva sempre che dovevamo prestare attenzione ai linguaggi digitali».
Quali sono le parole di oggi?
«La nostra redazione ha scelto femminicidio come parola dell’anno. La cosa mi ha colpito moltissimo, perché è legata alla necessità di una riflessione sulla cultura, su quanto la scuola debba fare per sensibilizzare le nuove generazioni al rispetto tra uomo e donna. E poi è importante che Treccani abbia scelto il presidente Sergio Mattarella come personalità dell’anno, facendo emergere come per tutti i cittadini resti un punto di riferimento».