Fabio Concato: «La musica di oggi è inascoltabile, così mi consolo con il jazz di qualità»
Mercoledì sarà al Comunale di Sassari con l’Orchestra Jazz della Sardegna
Tutto è nato con il jazz e il cabaret nei locali underground di Milano. Il resto è una strada lastricata di un pop raffinato e allo stesso tempo leggero, impalpabile come il volo di una farfalla. Parole e musica come “Fiore di maggio”, “Ti ricordo ancora” e “Rosalina”, per intenderci. Pezzi che hanno fatto la storia della canzone italiana e che mercoledì 28 Fabio Concato proporrà in una versione molto speciale con l’Orchestra Jazz della Sardegna a teatro Comunale di Sassari. Un evento che si ripete dopo le due analoghe serate proposte nel 2018 a Sassari e Cagliari, entrambe un successo enorme, annunciato anche in questa occasione dal sold out registrato al botteghino del teatro non appena è arrivato l’annuncio del live. “OJS meets Fabio Concato” presenterà composizioni del musicista milanese arrangiate per l'Orchestra jazz della Sardegna da Gabriele Comeglio, collaboratore, tra i tanti, di Ray Charles, Stevie Wonder e Mina. Il lavoro di Comeglio, che sarà anche il direttore della formazione sarda, esalta le componenti jazz presenti in molte composizioni di Concato. Il progetto metterà in luce ancora una volta non solo le qualità della big band sarda ma anche la duttilità e la ricchezza della produzione di Concato. Il viaggio musicale intriso di ricordi del cantautore ripercorrerà una carriera artistica lunga 40 anni in cui sono inseriti sia i primi grandi successi che i brani più recenti di Concato.
Come è nata l’idea di ripetere l’esperienza del 2018?
«Da allora ho mantenuto un rapporto di amicizia con Gabriele Comeglio. È capitato che mi chiedesse: ma ti andrebbe di tornare a Sassari per cantare con l’ensemble sassarese? Gli ho risposto che aspettavo solo notizie sul giorno e il luogo e sarei venuto. Ed eccomi qui».
Ci saranno modifiche o aggiornamenti rispetto ai precedenti concerti?
«A grandi linee no. Ci potrebbe essere qualche cambiamento nella scaletta ma l’impianto sarà lo stesso. Il senso della serata era e resta quello di sperimentare, di imboccare sentieri diversi, di trovare qualcosa che sorprenda».
Che esperienza è quella di cantare con una big band alle spalle?
«È molto impegnativa fisicamente ma devo dire che gli arrangiamenti sono perfetti, Comeglio non ha voluto fare il fenomeno e quindi mi ha reso il lavoro più semplice. L’atmosfera poi, è qualcosa di fantastico, fuori dal tempo».
Un’atmosfera che lei ha vissuto nascendo e crescendo in mezzo alla musica con suo padre jazzista e i suoi nonni cantanti lirici.
«Sì, la musica mi ha accompagnato sempre nella vita. Poi, mentre mi trovavo a vivere la mia esperienza di cabarettista al Derby di Milano tra musica, parole e risate accanto a personaggi che poi sono diventati famosi, mi chiamò il direttore artistico di un’etichetta importante che mi proponeva di fare un disco di pezzi che avevo scritto a 20 anni e di cui quasi mi ero dimenticato. Credo sia stato mio padre a chiamarlo per parlargliene. Così è cominciata la mia carriera di cantautore».
Negli ultimi anni la sua produzione, dopo un’intera vita dedicata al pop d’autore, sembra pendere verso il jazz. Insoma un ritorno al futuro...
«È vero. La mia musica è sempre stata in bilico ma ora mi sento più jazz. Soprattutto dopo aver collaborato con musicisti del calibro di Fabrizio Bosso e Paolo di Sabatino sono attratto da quel tipo di sonorità. Ora il jazz lo trovo più nelle mie corde e mi sento a mio agio con formazioni di quel tipo, come ad esempio l’Orchestra Jazz della Sardegna».
A proposito di musica di ieri e di oggi. Il festival di Sanremo, a cui lei ha preso parte in due occasioni all’inizio del secolo, è stato da poco archiviato: si è fatto un’idea delle nuove tendenze musicali?
«Io Sanremo non lo sopporto più. Ho visto alcune parti ma perlopiù si trattava di canzoni interrotte di continuo dalla pubblicità. Se Sanremo rappresenta le nuove tendenze musicali siamo messi davvero male. Le produzioni che mi capita di ascoltare sono basate su musica praticamente inesistente, i testi sono fatti di parole a tratti interessanti, spesso estreme, inquietanti ma altrettanto incomprensibili. Penso che ci troviamo in un’epoca di vuoto cosmico. Ma sono fiducioso che torneranno tempi di musica davvero nuova, interessante, bella. Un ritorno al futuro».