Una delizia la colomba dei Carruccio di Sorso, importata dal patron Antonino negli anni ’90
I pasticceri non hanno dubbi: la regina della Pasqua piace tradizionale
Se c’è un dolce – prima o dopo le uova di cioccolata, dipende dai gusti – che non può mai mancare su una tavola imbandita per Pasqua, è la colomba. Ancora meglio se è preparata in maniera artigianale. E in Sardegna non mancano certo laboratori e pasticcerie che ne producono di ottima qualità. Una di queste, tra le prime a sfornare l’uccello della pace in formato dolciario nell’isola, si trova a Sorso. È la Pasticceria Carruccio, che dai primi anni ’90 ha cominciato a sfornare il grande classico pasquale, sempre ben accompagnato dai dolci della tradizione sarda e della Romangia. «Per noi la colomba è la regina indiscussa della Pasqua – spiegano i fratelli Andrea, Federico e Antonio Carruccio – insieme agli amaretti, i biscotti della nonna, i papassini, le tiricche e le formaggelle». La colomba sorsense è un must dei Carruccio, una dinastia che da oltre 70 anni delizia i palati di grandi e piccini. Il loro segreto, come spesso accade in storie come la loro, è un mix. «Utilizziamo farine e burro di qualità – spiegano – e una lievitazione molto lunga. Prima di infornare una colomba ci sono dietro almeno 48 ore di lavoro. E poi altre 24 prima di poterla gustare».
La preparazione della colomba perfetta comincia nel pomeriggio, alle 17.30. Si esegue il primo impasto, che viene messo a lievitare a temperatura ambiente. Poi l’indomani mattina, abbastanza presto, l’impasto viene ripreso e si aggiungono altri ingredienti. A seguire la pirlatura, un’altra lievitazione, e poi la cottura per circa un’ora. Ma non è tutto, perché una volta sfornate, le colombe finiscono a testa in giù per 24 ore, esattamente come accade per il panettone. Questo per fare in modo che l’umidità resti intrappolata all’interno del pirottino e si eviti il collasso. Senza questa operazione scordatevi di vedere colombe e panettoni che “esplodono” fuori dal pirottino. Un’arte ereditata dal patron 87enne Antonino (nella foto a sinistra), maestro pasticcere ora in pensione, oltre che ex presidente del glorioso Sorso Calcio, quei biancocelesti che a fine anni ’80 fecero sognare la città in C2. E in qualche modo proprio il calcio e la colomba pasquale di Sorso sono uniti da un filo rosso.
«In quegli anni – raccontano i Carruccio – l’impegno per la squadra di calcio ha portato nostro babbo a girare l’Italia in lungo e in largo. E in una di quelle trasferte aveva conosciuto un maestro pasticcere riminese della Nestlé, che ci forniva il cioccolato per le uova pasquali. Così, tra una chiacchierata e l’altra, è nata un’amicizia. Nostro padre aveva il desiderio di produrre i panettoni artigianali, che in quel periodo in Sardegna erano prodotti di nicchia. E così, questo maestro era venuto a Sorso per insegnarci come farli. Dopo i primi panettoni, avendo un impasto molto simile, Antonino ha realizzato anche le prime colombe». Ma c’è un ingrediente segreto che i Carruccio infilano dentro gli impasti da oltre 70 anni. «È sempre lo stesso: amore e tanta passione per questo lavoro – dicono ancora –. E poi una buona dose di olio di gomito, che nel nostro lavoro non deve mai mancare. Perché per fare pasticceria artigianale, la fatica è una costante da mettere in conto per ottenere risultati di qualità». Per quanto riguarda la colomba preferita dai consumatori, i Carruccio non hanno dubbi: «Quella tradizionale le batte tutte, anche se ultimamente sono molto richieste quelle farcite con nocciola e soprattutto pistacchio». L’impasto della tradizionale ha soltanto dei cubetti di arancia. Per il resto, è ricoperta da una glassa alle mandorle completata da una cascata di granella di zucchero e una slavina di mandorle. Altro must del pranzo pasquale sono i biscotti della nonna. E se per la colomba, la ricetta è arrivata da Rimini, quella dei biscotti della nonna è arrivata da Castelsardo. «La ricetta è di nostra nonna materna, che appunto era castellanese. Sono dei biscotti buonissimi, che piacciono molto ai nostri clienti. Ma anche gli amaretti, che noi facciamo senza semola, e quindi soltanto con mandorle, albume d’uovo e zucchero, sono molto richiesti».