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Il dolce

Una delizia la colomba dei Carruccio di Sorso, importata dal patron Antonino negli anni ’90

di Salvatore Santoni
Una delizia la colomba dei Carruccio di Sorso, importata dal patron Antonino negli anni ’90

I pasticceri non hanno dubbi: la regina della Pasqua piace tradizionale

29 marzo 2024
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Se c’è un dolce – prima o dopo le uova di cioccolata, dipende dai gusti – che non può mai mancare su una tavola imbandita per Pasqua, è la colomba. Ancora meglio se è preparata in maniera artigianale. E in Sardegna non mancano certo laboratori e pasticcerie che ne producono di ottima qualità. Una di queste, tra le prime a sfornare l’uccello della pace in formato dolciario nell’isola, si trova a Sorso. È la Pasticceria Carruccio, che dai primi anni ’90 ha cominciato a sfornare il grande classico pasquale, sempre ben accompagnato dai dolci della tradizione sarda e della Romangia. «Per noi la colomba è la regina indiscussa della Pasqua – spiegano i fratelli Andrea, Federico e Antonio Carruccio – insieme agli amaretti, i biscotti della nonna, i papassini, le tiricche e le formaggelle». La colomba sorsense è un must dei Carruccio, una dinastia che da oltre 70 anni delizia i palati di grandi e piccini. Il loro segreto, come spesso accade in storie come la loro, è un mix. «Utilizziamo farine e burro di qualità – spiegano – e una lievitazione molto lunga. Prima di infornare una colomba ci sono dietro almeno 48 ore di lavoro. E poi altre 24 prima di poterla gustare».

La preparazione della colomba perfetta comincia nel pomeriggio, alle 17.30. Si esegue il primo impasto, che viene messo a lievitare a temperatura ambiente. Poi l’indomani mattina, abbastanza presto, l’impasto viene ripreso e si aggiungono altri ingredienti. A seguire la pirlatura, un’altra lievitazione, e poi la cottura per circa un’ora. Ma non è tutto, perché una volta sfornate, le colombe finiscono a testa in giù per 24 ore, esattamente come accade per il panettone. Questo per fare in modo che l’umidità resti intrappolata all’interno del pirottino e si eviti il collasso. Senza questa operazione scordatevi di vedere colombe e panettoni che “esplodono” fuori dal pirottino. Un’arte ereditata dal patron 87enne Antonino (nella foto a sinistra), maestro pasticcere ora in pensione, oltre che ex presidente del glorioso Sorso Calcio, quei biancocelesti che a fine anni ’80 fecero sognare la città in C2. E in qualche modo proprio il calcio e la colomba pasquale di Sorso sono uniti da un filo rosso.

«In quegli anni – raccontano i Carruccio – l’impegno per la squadra di calcio ha portato nostro babbo a girare l’Italia in lungo e in largo. E in una di quelle trasferte aveva conosciuto un maestro pasticcere riminese della Nestlé, che ci forniva il cioccolato per le uova pasquali. Così, tra una chiacchierata e l’altra, è nata un’amicizia. Nostro padre aveva il desiderio di produrre i panettoni artigianali, che in quel periodo in Sardegna erano prodotti di nicchia. E così, questo maestro era venuto a Sorso per insegnarci come farli. Dopo i primi panettoni, avendo un impasto molto simile, Antonino ha realizzato anche le prime colombe». Ma c’è un ingrediente segreto che i Carruccio infilano dentro gli impasti da oltre 70 anni. «È sempre lo stesso: amore e tanta passione per questo lavoro – dicono ancora –. E poi una buona dose di olio di gomito, che nel nostro lavoro non deve mai mancare. Perché per fare pasticceria artigianale, la fatica è una costante da mettere in conto per ottenere risultati di qualità». Per quanto riguarda la colomba preferita dai consumatori, i Carruccio non hanno dubbi: «Quella tradizionale le batte tutte, anche se ultimamente sono molto richieste quelle farcite con nocciola e soprattutto pistacchio». L’impasto della tradizionale ha soltanto dei cubetti di arancia. Per il resto, è ricoperta da una glassa alle mandorle completata da una cascata di granella di zucchero e una slavina di mandorle. Altro must del pranzo pasquale sono i biscotti della nonna. E se per la colomba, la ricetta è arrivata da Rimini, quella dei biscotti della nonna è arrivata da Castelsardo. «La ricetta è di nostra nonna materna, che appunto era castellanese. Sono dei biscotti buonissimi, che piacciono molto ai nostri clienti. Ma anche gli amaretti, che noi facciamo senza semola, e quindi soltanto con mandorle, albume d’uovo e zucchero, sono molto richiesti».

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