La Nuova Sardegna

Intervista

«Merendine, patatine, pizze industriali: i cibi ultraprocessati sono come le droghe»

di Angiola Bellu
«Merendine, patatine, pizze industriali: i cibi ultraprocessati sono come le droghe»

Il medico, scienziato e divulgatore tv Chris Van Tulleken parla del suo libro

31 maggio 2024
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Arriva in libreria un intrigante quanto scioccante best seller internazionale: “Cibi ultraprocessati. Come riconoscere ed evitare gli insospettabili nemici della nostra salute” (Vallardi, 367 pp, 18,90 euro) del medico, scienziato e divulgatore televisivo inglese Chris Van Tulleken. Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei… mai chiederselo dopo aver divorato una merendina, delle patatine o una pizza industriale. Van Tulleken, sfidando apertamente le multinazionali del cibo, ci racconta come funzionino i processi che rendono i cibi industriali gradevoli, golosi, attraenti e a volte addirittura “sani”. Come in un giallo scopriamo che l’assassino questa volta è il “processo” a cui vengono sottoposti i cibi per durare di più, per costare meno, per arrivare al nostro estremo gradimento e creare dipendenza.  Van Tulleken riesce a demolire con eleganza la nostra voglia di fast food.

Van Tulleken, anche un piatto di pasta fatto in casa ha subito un processo.
«Certo: gli umani processano il cibo - cotto, affumicato fermentato - da migliaia di anni. Ogni aspetto dei cibi ultraporcessati, dalla pizza alle lasagne industriali, è stato studiato scientificamente per essere economico e per farne consumare sempre di più. La pizza e le lasagne fatte in casa non sono concepite per aver voglia di mangiarne a oltranza. La finalità degli alimenti ultraprocessati è quello di far guadagnare costantemente più soldi alle multinazionali del cibo».

Quindi è tutta una questione di guadagni da Wall Street?
«Mi piace questa definizione! Ho parlato con scienziati e amministratori delegati che lavorano per le multinazionali del cibo: a loro non piace mangiarlo né produrlo. Emmanuel Faber, ex amministratore delegato in Danone, voleva produrre cibo più sano. Il fondo Bluebell proprietario della Danone, gli ha detto “ci stai facendo perdere soldi quindi te ne vai”. L’obiettivo è la crescita costante dei guadagni: la gente deve mangiare sempre più quantità dei loro prodotti. Hanno creato una dipendenza».

Lei racconta che il primo grasso alimentare a poco prezzo ricavato da sostanze non commestibili è stato il burro da carbone usato dai nazisti.
«I nazisti hanno trovato il modo di prendere una materia prima, molto disponibile come il carbone, e trasformarla nel combustibile che serviva per fare andare avanti i soldati durante la guerra. Sono stati i primi a travisare il senso della nutrizione. Alimentarsi non è solo ingerire calorie: il cibo è radicato nella cultura, è un modo di stare insieme, non si può semplicemente nutrire qualcuno dandogli un grasso estratto dal carbone».

Come si declina oggi questa filosofia nata dal nazismo?
«Con i beveroni proteici, per esempio. Tipo il nostro Huel e molti altri. Il nome è la combinazione di Human e Fuel, carburante umano, tra l’altro - stando agli elementi contenuti - può essere completo dal punto di vista nutrizionale. Il danno di questi beveroni oltre all’ultra processo che lo ha prodotto è che li bevi da solo davanti al computer».

Quindi non basta avere i giusti nutrienti. È fondamentale la loro origine e la loro genuinità?
«L’unica cosa che sappiamo per certo fare davvero male è il cibo ultraprocessato. Non lo zucchero, il burro, etc. presi singolarmente. Ogni cultura ha il suo stile alimentare, e va benissimo. Dannosa è la dieta anglosassone, a base di cibo ultraprocessato a cui si aggiungono sale, zucchero e grassi per far sì che se ne mangi sempre di più. L’ho capito solo quando ho finito di scrivere il libro. Il contenuto di zuccheri grassi e sale nel cibo ultraprocessato fa sì che tu ne voglia mangiare ancora e ancora».

Possiamo dire che agisca come una droga?
«Sì penso che sia un ottimo modo per descrivere questo tipo di cibo».

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