La Nuova Sardegna

Il libro

L’elettrificazione dell’isola tra carbone, dighe e bombardamenti

di Enrico Carta

	I lavori per la costruzione della diga Santa Chiara sul Tirso
I lavori per la costruzione della diga Santa Chiara sul Tirso

Il volume “Elettricità guerra e Sardegna” di Andrea Giacomo Grazzini su un’importante pagina di storia

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Oristano Sembra una storia di frontiera, un po’ come quella della costruzione della ferrovia negli Stati Uniti che inauguravano nella seconda metà dell’800 la velocità e la corsa verso l’Ovest proprio attraverso la nascita della strada ferrata. In piccola parte e riportando il tutto alle dimensioni della nostra isola, tale è anche quella che il geologo Andrea Giacomo Grazzini racconta in “Elettricità guerra e Sardegna” libro autoprodotto e acquistabile su varie piattaforme online, dato alle stampe proprio nell’anno appena concluso in cui ricadeva il centenario dell’inaugurazione della diga di Santa Chiara. Primo sbarramento sul fiume Tirso da cui poi nacque il lago Omodeo e capolavoro d’ingegneria, fu inaugurato il 28 aprile del 1924 dal saluto reale di Vittorio Emanuele III di Savoia, arrivato nelle gole che oggi ospitano il bacino artificiale per dare avvio a una nuova fase dello sviluppo industriale e civile sardo.

Impreziosito dalle fotografie d’epoca dell’archivio di famiglia e da altre immagini più recenti scattate nei luoghi citati nella grande ricerca, il libro non è solo una breve storia dei primi decenni dell’elettrificazione nell’isola. Da lì si parte, ma poi si arriva anche a esaminare le ricadute che essa generò nella vita di tutti i giorni e le conseguenze che lo scoppio della seconda guerra mondiale ebbe sul territorio sardo, nel momento in cui le infrastrutture dalle quali si produceva energia, diventarono bersagli del nemico. Prima di addentrarsi nel racconto degli anni in cui le bombe inglesi e americane iniziarono a martellare il suolo sardo, trovano ampio spazio le ricostruzioni sui primordi dell’energia in Sardegna che, inevitabilmente, vanno a intrecciarsi con la storia della Società Elettrica Sarda e con le bonifiche del Campidano di Terralba e la nascita dei primi insediamenti nella piana dove poi il fascismo fece nascere Mussolinia, diventata Arborea dopo la caduta del regime.

In questa storia risalta l’intreccio tra acqua e carbone, ancor più evidente negli anni delle sanzioni internazionali generate dalla Guerra d’Etiopia condotta dall’Italia e dell’autarchia, momento in cui le miniere del Sulcis e del Sud Sardegna diventano punto di riferimento per la nazione che voleva ritagliarsi un posto di primo piano tra le potenze militari. Sebbene fosse stato già pensato nel momento in cui si decise di imbrigliare i fiumi principali della Sardegna, è con l’avanzare del secondo conflitto mondiale che risultò ancora più evidente il legame tra le dighe, l’energia idroelettrica da esse prodotta e le miniere di carbone che dovevano garantire energia ben oltre il mare.

Andrea Giacomo Grazzini ha però la capacità di soffermarsi, in maniera chiara anche per i profani, oltre che sulla connessione dei vari sistemi di produzione, sul funzionamento dei vari tipi di centrali elettriche presenti in Sardegna e su come le città e gli insediamenti produttivi si alimentassero da esse. C’è poi tutta la parte storica, a sua volta documentata dalle fotografie d’epoca e dei giorni nostri, perché, sparsi e spesso non riconoscibili a un occhio non esperto, si trovano in giro per l’isola dei veri e propri reperti di quel passato nemmeno troppo lontano. Sono i vecchi rifugi antiaereo, le case delle maestranze e di chi dirigeva gli impianti. C’è persino il vecchio siluro, reperto oggi custodito a Ula Tirso e usato durante la famosa “Operazione Picket”, con la quale l’aeronautica inglese tentò di far saltare per aria la diga di Santa Chiara (l’abbiamo raccontata nel podcast ascoltabile sul nostro sito all’indirizzo www.lanuovasardegna.it, ndr). E poi, certo, ci sono le storie degli uomini, formiche dietro quei giganti di cemento armato. Sono le vicende di colore che idearono, pianificarono e progettarono il sistema delle dighe e quindi delle centrali idroelettriche del Tirso e del Coghinas nonché del sistema del Flumendosa, delle centrali termoelettriche. I documenti, soprattutto quelli del tempo di guerra, hanno poi consentito di ricostruire tutta la trama che i comandi militari tessero attorno ai punti nevralgici per la distribuzione dell’energia, documenti attraverso i quali emergono gli sforzi di chi guardava ai bersagli con l’occhio dell’attaccante e di chi si preoccupava di difenderli dalle incursioni e dalle bombe. Altre curiosità e considerazioni si trovano sparse nelle quasi 300 pagine del libro. Una in particolare ci colpisce ed è quella che chiarisce che senza i capitali non sardi, nulla si sarebbe potuto fare, perché nell’isola non esistevano forze economiche tali da potersi inserire in una partita che si giocò non solo sul suolo sardo. A proposito di energia, è una storia che pare somigliare tanto a quella dei nostri giorni.

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