Il sogno mancato di Sergio Atzeni rivive con “Sono cresciuto a Babele”
L’attore regista Giovanni Carroni mette in scena lo scrittore a trent’anni dalla morte
Nuoro Intenso, profondo, a tratti persino cupo e cavernoso. Ma sempre sarcastico, canzonatorio, beffardo. Ruggero Gunale, alter ego dello scrittore Sergio Atzeni è fatto così. L’attore Giovanni Carroni, che sul palcoscenico gli dà anima e corpo, sembra proprio lui, uguale identico preciso: idealista, grande sognatore, illuso prima, disilluso poi, tradito e lasciato a se stesso. Dimenticato. È così, con questi ritmi specchio della società, che si snoda il nuovo spettacolo della compagnia nuorese Bocheteatro, “Sono cresciuto a Babele”, regia e recitazione di Carroni, liberamente ispirato a uno dei romanzi più autobiografici di Atzeni, “Il quinto passo è l’addio”, ma non solo. Trent’anni dopo la sua morte lo scrittore di Capoterra continua a parlare, attuale più che mai, sempre presente in questa Sardegna alla deriva, in quest’Italia persa, in quest’Europa confusa e infelice.
«Sergio Atzeni è stato uno scrittore coraggioso, innovativo, aperto – spiega Carroni –. Ha saputo raccontare la propria terra per raccontare il mondo intero» sottolinea l’attore. «Sergio Atzeni è sempre attuale perché più di tutti incarna la pluralità dei popoli che abitano la Sardegna, la pluralità linguistica, le varietà degli slang, dei gerghi, dei personaggi. E sa raccontare la parte più popolare, più dimessa, più fragile, sa raccontare gli emarginati, i reietti, le prostitute».
Insomma: tre decenni dopo quel fatale quinto passo, sembra proprio che l’addio definitivo non ci sia mai stato. Sarà per questo che “Sono cresciuto a Babele” ha già riempito i teatri di Sinnai, il Civico, alla prima assoluta del 18 gennaio scorso, e di Nuoro, il San Giuseppe-Bocheteatro, il 22 gennaio. Un successone dopo l’altro, tanto che sono già previste diverse repliche, sia nel capoluogo barbaricino sia a Cagliari. Prossimi appuntamenti sono in programma a San Teodoro e Dorgali, poi si vedrà. Certo è che saranno le scuole superiori a contendersi la nuova produzione Bocheteatro, già inserita nella rassegna Prosa&Danza organizzata da Cedac Sardegna. Assistente alla regia: Paola Atzeni. Luci: Salvatore Carroni. Sound design: Luca Spanu. “Sono cresciuto a Babele”, infatti, è particolarmente adatto ai giovani e giovanissimi, chiamati a riflettere sui grandi ideali, i sogni e le aspettative.
«Anche perché Sergio Atzeni – conferma Giovanni Carroni – racconta molto bene il rapporto disturbato dei giovani con la propria isola, dei giovani sardi con la propria terra, odiata perché non dà sicurezza di lavoro né prospettiva... fermo restando che l’insularità impone a tutti di spostarsi, a noi isolani più di chiunque altro». Tanto impegnativo quanto crudo, è un monologo che mette a dura prova le capacità mnemoniche dell’attore in scena. Eppure ironico, poetico, a tratti esilarante nelle parole e movenze corporee. La drammaturgia altro non è che teatro della memoria, un “tragico varietà atzeniano”, dove la dissociazione dalla realtà costringe Ruggero Gunale a guardare la sua esistenza scorrere senza alcun interesse, come se fosse un semplice spettatore della sua vita priva di significato.
«Disgustato e deluso da quella sinistra che, dopo la morte del grande Enrico Berlinguer nel 1984, inizia il suo declino morale e politico diventando anch’esso partito affarista e borghese» alza la voce Carroni. «Quello stesso Partito comunista gli volterà le spalle, ostacolando la sua assunzione in Rai come giornalista, costringendolo ad andare a lavorare come impiegato all’Enel» sottolinea ancora. «A questo si aggiungono altre delusioni personali e professionali che ben presto lo porteranno a una grave crisi depressiva che lo costringerà a scappare dalla sua amata e odiata isola». «È lo stesso sogno abortito di una società migliore, che mi lega a lui, Sergio Atzeni, quella stessa militanza di sinistra tradita, umiliata, mortificata» chiude Giovanni Carroni.