La Nuova Sardegna

L’intervista

Lorenzo Lavia e Lucia Vasini: «Il nostro inno alla vita sull’importanza di dire grazie»

di Alessandro Pirina
Lorenzo Lavia e Lucia Vasini: «Il nostro inno alla vita sull’importanza di dire grazie»

I due attori in tournée con “Le gratitudini". Diretto da Paolo Triestino, debutterà il 19 a Oristano, poi Alghero, Olbia, Tempio, San Gavino e Carbonia

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Una pièce sull’importanza di dire grazie. Un gesto che dovrebbe essere naturale, scontato, ma che spesso non lo è. Arriva nei teatri dell’isola “Le gratitudini”, dal romanzo di Delphine de Vigan, con adattamento e regia di Paolo Triestino, con un’intensa Lucia Vasini nel ruolo della protagonista, Michka, un’anziana correttrice di bozze che prima di “perdere le parole” vorrebbe ringraziare chi le ha salvato la vita. Al suo fianco Lorenzo Lavia, nel ruolo di Jerome, giovane e appassionato ortofonista, che insieme alla moglie Marie (Carmen Di Marzo) accudirà e sosterrà Michka nel suo ultimo viaggio, determinata a dire grazie a tutti coloro che l’hanno aiutata, soprattutto a chi l’ha salvata bambina dallo sterminio nazista. Lo spettacolo, sotto le insegne del Cedac, arriverà il 19 febbraio a Oristano, l’indomani ad Alghero, il 21 a Olbia, il 22 a Tempio, il 23 a San Gavino e il 24 a Carbonia.

Le gratitudini: cosa vi ha colpito la prima volta che avete letto questo testo?
VASINI: «Alla prima lettura mi ha colpito l’originalità della storia, i personaggi. E poi l’entusiasmo di Paolo Triestino, la bravura di Lorenzo, Carmen. A me piace molto l’idea del collettivo, fa la differenza. Non reciti mai da solo. Come diceva Stanislavskij, l’uno non si dà senza l’altro».

Il testo può essere considerato un inno alla vita?
VASINI: «Lo è, lo è. È che sono una donna, ma in realtà a me sarebbe piaciuto il personaggio di Jerome, perché è lui quello buono».

LAVIA: «Sicuramente io mi ci ritrovo in alcuni aspetti del personaggio di Jerome. Credo di essere una persona abbastanza buona e gentile, anche se forse non credo riuscirei a essere così paziente. Mi riconosco in tante cose di Jerome, che non è un eroe, ma una persona normale, perbene. Un uomo semplice che vive una vita semplice».

Cosa è la gratitudine?
LAVIA: «Una parola bellissima e complicata. Esistono due tipi di gratitudine. C’è chi pensa di doverla avere per forza perché ha ricevuto qualcosa. Ma in realtà la gratitudine deve essere qualcosa di naturale, è nell’aria. Io sono grato alla mia famiglia, a miei amici, alle persone che sono qui con me...».

VASINI: «La gratitudine è un sentimento molto profondo, spirituale. È un senso di umiltà, di fare parte di qualcosa nel mondo. È gratitudine anche quando guardi la natura, il rendersi conto che non si è nulla senza gli altri. Il teatro, per esempio, è bello perché si basa tutto sulla relazione».

Un grazie che non ha mai detto?
VASINI: «Mi viene in mente mio padre. In qualche altro modo penso di averglielo detto, ma è molto importante anche dirlo con le parole».

LAVIA: «Io dico sempre grazie. Forse ne ho detti anche troppi. Ecco, io credo di essere in credito con i grazie».

Per la sua carriera deve dire grazie a qualcuno?
LAVIA: «Alla mia famiglia, non solo a mio padre. La mia famiglia mi ha sempre sostenuto nel lavoro che ho scelto, soprattutto nei momenti di difficoltà. Poi ovviamente quello che sono è anche quello che mi ha insegnato il mio papà. Invece, uscendo dall’ambito familiare devo dire grazie a Peppino Patroni Griffi, che per me è stato molto importante».

VASINI: «Devo dire grazie a Checco Rissone. È stato uno dei primi coach, lavorava con De Sica. Fu lui a farmi vedere una foto di Sophia Loren con l’Oscar. Mi ha aiutata tantissimo. Quando scappai dalla scuola di recitazione perché... erano gli anni Settanta, lui mi fece rientrare falsificando il registro. Mi ha sostenuta, mi ha portata in Francia a fare l’Arlecchino, in tv a fare gli sceneggiati e soprattutto mi ha dato la sicurezza necessaria».

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