La Nuova Sardegna

L’intervista

Marco Travaglio: «Italia affossata dai poteri marci. Speriamo in un nuovo Francesco»

di Alessandro Pirina
Marco Travaglio: «Italia affossata dai poteri marci. Speriamo in un nuovo Francesco»

Il giornalista in scena a Cagliari col suo spettacolo di satira politica “I migliori danni della nostra vita”

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Ha una dialettica, un modo di argomentare che riesce a fare vacillare anche chi la pensa all’opposto di lui. È questa la sua forza. Un’incisività che gli permette di ricevere apprezzamenti anche da chi è spesso l’oggetto dei suoi strali. «È il primo che leggo ogni mattina, è diabolico, ma è il più bravo che ci sia», avrebbe detto anche Silvio Berlusconi. Ora le idee, le parole, le analisi di Marco Travaglio sono diventate anche uno spettacolo di satira politica, “I migliori danni della nostra vita”, che il direttore del Fatto quotidiano porterà al Teatro Massimo di Cagliari il 6 e il 7 maggio sotto le insegne del Cedac. Un viaggio nella storia recente tra politica e costume, per una riflessione sul presente e sul futuro dell’Italia (e dell’Europa).

Nel suo spettacolo parla degli ultimi 5 anni: si stava meglio quando si stava peggio?

«In realtà, sono il degno coronamento degli ultimi 15 anni in cui gli italiani chiedevano un cambiamento e i “poteri marci” della politica, della finanza e anche dell’informazione lo hanno trasformato in restaurazione. La voglia di cambiamento è stata frustrata da voltagabbana e gattopardi che si presentavano come rivoluzionari, rottamatori per poi diventare dei restauratori. Penso a Berlusconi, Renzi, Salvini. La Meloni non ha aspettato nemmeno le elezioni per tradire le sue radici di destra sociale e appiattirsi sui falchi europei e americani. Alla giustizia anziché mettere uno che somigliasse a Borsellino - il motivo della sua passione politica, ha sempre detto - ci ha rifilato quel Nordio che è quanto di più lontano da Borsellino e quanto di più vicino a Berlusconi...».

Non salva niente di questi anni?

«L’unico momento di cambiamento sono stati i due governi Conte, buttati giù il primo da Salvini, il secondo da Renzi in esecuzione del volere dei poteri forti. Un pessimo segno per l’elettorato, perché hanno fatto credere agli elettori che votare non serva. Di qui il forte astensionismo che lascia il campo aperto al voto controllato, al voto di scambio, l’unico che ancora si presenta alle urne e vota sempre per la conservazione. In quei due anni e mezzo sono stati presi provvedimenti come la spazzacorrotti, il reddito di cittadinanza, il taglio dei vitalizi, il taglio dei parlamentari. Ma ai poteri forti quei governi non andavano bene e sono stati buttati giù per l’ennesimo governo tecnico chiamato per smantellare le riforme. E la conclusione logica di questa operazione è stato l’arrivo della Meloni che anziché cambiare le cose si è fatta cambiare lei».

Del governo Meloni è tutto da buttare?

«Salvo la decisione di mantenere l’ergastolo e il 41bis, la liberazione di Cecilia Sala. Avevo sperato sulla tassa sugli extraprofitti, era una buona idea, ma è stata ritirata».

Il M5s è esente da colpe?

«Paradossalmente sono caduti proprio per i loro meriti: realizzando gran parte del programma hanno osato sfidare chi comanda dietro le quinte. Il grande successo di Conte è stato il Recovery, ma non poteva essere gestito da uno che non ruba».

Ma il governo Draghi era sostenuto anche dal M5s.

«Infatti gli ha fatto perdere un sacco di voti. Il sì a Draghi è stato il peccato mortale di Grillo».

Crede che l’esperienza sarda di Alessandra Todde possa ripetersi a livello nazionale?

«Le regionali sono molto diverse. E poi in Sardegna Solinas era stato un disastro. A livello nazionale la percezione è ancora lontana. E la Meloni ha qualche qualità in più di Solinas. Al di là di questo Todde era una candidata forte, innovativa, una manager della società civile poco politica. La sua credibilità ha contato molto, ed era del M5s. Gli elettori dei 5 stelle non vanno a votare i candidati del Pd, spesso riciclati al decimo mandato. In Liguria Orlando faceva politica da quando aveva i pantaloni corti. In Umbria ha fatto eccezione la Proietti, ambientalista e pacifista».

La morte del Papa che effetto può avere sula politica estera?

«Se anche in questo conclave si vedrà la mano dello Spirito santo come si intravide in quello di Francesco - e anche in quello di Ratzinger, molto sottovalutato - avremo un altro papa cristiano. Lo so, sembra un paradosso, ma quello che veniva rimproverato a Francesco era di essere cristiano per le cose che diceva e come le diceva. Se il successore sarà evangelico e cristiano farà sentire meno la mancanza di questo papa, o di Benedetto XV che denunciava la prima guerra mondiale o di Wojtyla che scomunicava gli interventi in Iraq. Vediamo, dunque, se sarà un papa di transizione che dà un colpo al cerchio e uno alla botte o uno che se ne infischiano del religiosamente corretto».

La foto di Trump e Zelensky a San Pietro è già storia.

«Chissà che lo spirito di Francesco che aleggiava in quella basilica non abbia toccato tutti quei sepolcri imbiancati arrivati dai loro Paesi. Mi auguro che Trump vada avanti con gli sforzi sul negoziato, raffinando un po’ la sua rozzezza nei modi. Ma anche Zelensky non può continuare a predicare la riconquista di territori già a dicembre dati per persi: significherebbe condannare il suo popolo alla distruzione. Ma questo non è altro che quello che diceva Francesco».

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