La Nuova Sardegna

L’intervista

Genny Urtis: «Basta Giacomo, oggi mi sento libera»

di Paolo Ardovino
Genny Urtis: «Basta Giacomo, oggi mi sento libera»

Il chirurgo dei vip si racconta: «Fu Berlusconi a dirmi di tagliarmi la barba»

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Sassari Sul suo profilo Instagram continua a chiamarsi Giacomo Urtis ma a maggio ha condiviso dei post dove ha dichiarato di essere diventato Genny. La carta d’identità ha Caracas come luogo di nascita, ma il chirurgo ora chirurga dei vip ha passato parte della vita nella sua Sardegna, prima di aprire cliniche a Milano e Roma. Ormai vive e lavora nella città meneghina, e appartiene a quei personaggi che diventano nazional-popolari a botte di partecipazioni a reality, salotti televisivi, riviste di gossip e rubriche social.

La vita di Genny Urtis è costantemente sotto i riflettori. Sfacciata, divertente, trash. Per parlare di sé alterna l’uso del maschile con il femminile, ora è al centro di una transizione che solo lei sa dove la porterà: «Ma non sono una paladina trans, mi viene naturale fare quello che voglio», precisa.

Parliamo subito del suo rapporto con l’isola. Lei qui ha vissuto una fase importante della sua vita.

«Sì, ad Alghero, dai 10 ai 24 anni. La Sardegna è parte della mia vita, penso ai parenti, ai luoghi, a volte sembra strano dire che sono nato in Venezuela. A casa parliamo tanto in spagnolo ma tutta la famiglia è sarda. Sento ancora i compagni delle superiori, con il gruppo dell’università di Sassari ad agosto faremo una cena di reunion. Il tempo è passato. Una volta a Porto Cervo mi ha fermata un signore, capelli bianchi, passeggino, ho realizzato dopo che era il mio compagno di banco! Mi sembrava un signore... sarà la genetica, ma anche che io invece ho fatto tanti lifting (ride, ndr). Per me la Sardegna sono anche i primi amori, ho avuto una fidanzata per 13 anni ad Alghero».

Quando c’è stato il passaggio da chirurgo a chirurgo dei vip?

«Lavoravo in Costa Smeralda, che è un po’ la New York d’Italia. Curavo personaggi famosi, capi di Stato, teste coronate, ma ci diventavo anche amico perché l’atmosfera era rilassata, erano lì in vacanza. Al tempo potevi pubblicizzarti solo sulle pagine gialle, io vedevo il mio amico Marcelo Burlon usare facebook per promuoversi e funzionava, riempiva le discoteche. Sono stato il pioniere a farlo come chirurgo. Mi arrivò una valanga di critiche da chi era nel settore, e ora sono peggio di me: tutti a fare video e balletti sui social. Sono rimasto ancora scottato, menomale che ora cambio lavoro».

Cioè?

«Ho venduto gran parte delle cliniche ed entro fine anno inaugurerò il mio primo hotel qui a Milano».

Tornando alla chirurgia plastica, è un luogo comune ormai superato che a rifarsi siano molto più le donne degli uomini?

«Prima le donne erano il 90 per cento. Adesso direi 60 donne e 40 uomini, questi ultimi sono più costanti. Nelle nostre cliniche facciamo di tutto ma ciò per cui siamo conosciuti sono i trattamenti sul gluteo. Ho fatto il gluteo a mezza Italia».

In passato ha partecipato sia all’Isola dei famosi e al Grande fratello. Quale reality preferisce?

«Tutta la vita il Gf. L’isola è troppo dura. Il Grande fratello è un palco 24 ore su 24, ma bisogna saper fare qualcosa. Molti dicono “io voglio fare la tv” ma se non hai nulla da proporre, una volta che esci non ti chiama nessuno. La popolarità fine a se stessa non serve».

Le va di parlare del suo percorso di transizione?

«Tutto è iniziato in maniera leggera. A Mediaset ho incontrato un paio di volte Berlusconi e mi diceva che senza barba stavo meglio. Effettivamente era così, poi per conto mio ho lasciato crescere i capelli e fatto altri interventi. Ho cominciato il percorso tre anni fa, mai avrei detto che mi sarei fatto il seno e invece... Non mi faccio influenzare dagli altri».

Quanto incide il contesto?

«Tanto, in Sardegna sarebbe stato più difficile. Mio padre vuoi per l’età e per la cultura in cui è cresciuto, fa più fatica ad accettare certe cose. Ce lo diciamo spesso con la Marini (Valeria, ndr), mi capisce, anche sua madre è così per alcune cose. A me scrivono tantissime persone che vedendomi hanno preso coraggio, anche se io non mi sento all’altezza di dare un esempio». 

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