La Nuova Sardegna

L’intervista

GianMarco Tognazzi: «Dai Beatles non si può prescindere»

di Alessandro Pirina
GianMarco Tognazzi: «Dai Beatles non si può prescindere»

L’attore alla Notte dei Poeti di Nora porterà in scena uno spettacolo dedicato ai Fab Four «Hanno fatto la storia e per le generazioni sono poco più di un’icona»

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La musica dei Beatles è immortale. Su questo il giudizio è unanime, ma è anche vero che con il passare degli anni, dei decenni c’è il rischio che i Fab Four restino un’icona ma senza conoscerne la storia, l’importanza. È questo uno dei motivi che ha spinto GianMarco Tognazzi a mettere in scena “Paul McCartney e I Beatles/Due leggende”, un viaggio nella Swinging London insieme al Duo Saverio Mercadante formato da Rocco Debernardis (clarinetto) e Leo Binetti (pianoforte) per riscoprire la vivace temperie culturale e artistica della capitale britannica negli anni Sessanta e la musica del quartetto più famoso del mondo. Uno spettacolo - in cui Tognazzi darà voce a sir James Paul McCartney - che il 5 luglio terrà a battesimo a Nora la 43esima edizione della Notte dei poeti firmata dal Cedac.

Tognazzi, la prima canzone dei Beatles che ricorda?

«Forse “Love me do”. Ma è veramente un retaggio di quando ero molto piccolo. I Beatles, sia con mio padre e mia madre che con mio fratello Thomas, sono stati un punto costante della mia vita da ragazzino. Siamo nel 1972-1974, si erano sciolti da poco...».

Cosa sono stati per lei i Beatles?

«Chi ha avuto la fortuna di intercettarli, anche se appena usciti dal decennio magico, si portava appresso la speranza di una reunion. I Beatles hanno rivoluzionato la musica moderna. Dalla fine degli anni ’50 insieme a Elvis e ai Beach Boys hanno cambiato il percorso musicale in quello che poi è diventato il rock’n roll, gettando le basi della musica leggera. Il tutto con una influenza sinfonica che si ritrova in questo spettacolo».

Come sarà questo omaggio alla leggenda dei Beatles?

«Partiamo dalla testimonianza diretta della biografia di Paul, che non solo fa scoprire certi rapporti interpersonali tra i quattro, in particolare quello di amore e contrasto con John. E poi c’è la possibilità di ascoltare musicalmente in chiave sinfonica i Beatles in questo caso col Duo Mercadante, in altri casi con una vera e propria orchestra».

Perché ha scelto di portare in scena i Beatles?

«È un modo per fare riscoprire la memoria, che è un tema a me molto caro. I Beatles sono le basi, non le uniche, ma non si possono non conoscere. Un discorso che vale per il cinema, dove le basi sono i grandi autori del dopoguerra fino alla commedia anni ’60. Sono la base di un cambiamento sociale, tutto parte da lì. La mia generazione è stata quella degli anni ’80, i fenomeni dell’epoca erano i Duran Duran e gli Spandau Ballett, che furono comunque il frutto di un cambiamento iniziato con i Beatles. Non possiamo non sapere la storia. La memoria serve a conoscere il passato, valutare meglio il presente e anche vedere il futuro. Musica e cinema sono infiniti, ma c’è sempre qualcosa da cui sono partiti, che li ha ispirati. La matrice è importante. Perlomeno nelle nostre generazioni analogiche era così, in quelle digitali è più difficile. La generazione di mia figlia sa chi erano i Beatles, ma perché sono un’icona. L’obiettivo dello spettacolo è andare oltre l’amarcord».

Ma lei ha mai visto Paul MacCartney?

«Al Colosseo a Roma nel 2009. Fu bellissimo, estremamente emozionante perché non l’avevo mai potuto intercettare dal vivo. La scomparsa di John mi fece affezionare ancora di più a Paul e agli altri due, perché la sua assenza definitiva determinava l’impossibilità di una reunion».

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