L’amore di Carlo Cracco per i sapori della Sardegna: «I culurgiones il mio piatto preferito»
Lo chef ha firmato il menù del Forte Village
L’immagine dello chef severo e antipatico si scontra con la realtà dei fatti. Carlo Cracco, 59 anni, uno dei big della cucina italiana, è cordiale, divertente, estroverso. Sabato alla fine della cena stellata all’Osteria del Forte di Cagliari, ha salutato a uno a uno tutto gli ospiti, offrendosi con scambi di battute agli immancabili selfie in ricordo della serata.
Lui, veneto, in Sardegna è di casa. La cena a Palazzo Doglio si ripete ormai da 5 anni ma la sua frequentazione dell’isola è di antica data. «Una passione giovanile che non ho mai lasciato. Certo prima mi capitava di stare anche diversi mesi. Ora è diverso. Ci sono gli impegni dei ristoranti in galleria Vittorio Emanuele II a Milano e a Portofino, che rubano tanto tempo».
Ma ora ha una scusa in più per prendere un aereo e tornare quest’estate in Sardegna. «Sì, dopo aver stabilizzato la situazione a Portofino – conferma – ho accettato la proposta del Forte Village per un ristorante pop-up nella struttura. È la prima volta che firmo un ristorante in Sardegna e ne sono felice. Proponiamo un menù legato al mare in una location davvero incantevole sulla spiaggia». Il legame con le materie prime sarde è stato confermato dal menù presentato sabato all’Osteria del Forte. Aspic di ostrica con mascarpone e zenzero oltre che scampo alla brace per iniziare, quindi il risotto alla pescatora con pomodorini e cruditè di mare, e il branzino al sale, con millefoglie di zucchine, zabaione allo zafferano e aceto di sambuco e chiusura con dessert immancabile e frutto di una preparazione originale e accurata.
«Credo che sia sempre importante – sottolinea – fare un cucina legata al territorio e alla tua persona. Perché il tocco personale ci deve essere sempre, è fondamentale che il tuo modo di cucinare sia riconoscibile». Cracco è uno dei re del fine dining, della cucina di altissimo livello e costo. Ma parliamo di un settore che fa economia e dà lustro all’Italia. Lo chef annuisce.
«Da tante parti per questo tipo di offerta c’è sospetto e gelosia. Ma è una parte viva del settore che magari può conoscere momenti di crisi ma che va coltivato e tenuto in considerazione. Nella ristorazione c’è spazio per il fine dining e la cucina semplice. Sono due visioni diverse ma entrambe nobili. L’importante è la qualità dell’offerta e, non lo dimentico mai, evitare lo spreco alimentare. Sarebbe una mancanza di rispetto verso il nostro mondo prima che un errore nell’economia di un ristorante».
Tornando alla Sardegna, Cracco rivela il suo piatto preferito. «Parliamo di una terra in cui si mangia davvero bene grazie ai prodotti e alla capacità dei sardi ai fornelli. Dovendo scegliere, parlo dei culurgiones. Uno scrigno di tesori. Mi è capitato di mangiarne davvero buoni, in particolare quelli fatti da alcune massaie dell’Ogliastra». Alcuni mesi fa Cracco ha partecipato al festival della bottarga a Cabras sorprendendo tutti con il suo piatto. «Sì, in effetti non se lo aspettavano – sorride – ma è piaciuto molto: ho creato un bouquet con kiwi, crema di avocado, germogli di piselli e sopra il pezzo della deliziosa bottarga, un vero gioiello della cucina sarda. Ho rielaborato un piatto presente nel menù del ristorante di Milano». Amante dell’isola, dunque inevitabile chiedere a Cracco qual è il suo posto preferito e quale chef sardo segnala su tutti. «C’è tanto da scoprire, nei paesaggi, nei luoghi. Ma in particolare mi piace Santa Maria Navarrese, località splendida e con poca gente e tanta pace. Lo chef? Simone Tondo di Macomer. Ha lavorato con me e ora con il suo Racines è fra i più apprezzati della cucina italiana a Parigi».