Dai papassini al pane ’e sapa, le delizie isolane incontrano l’autunno
La tradizione dolciaria dell’isola continua a rinnovarsi intrecciando memoria stagionalità e creatività
Grandi grappoli al sole per avere la scorta dell’uvetta da usare per i dolci. Probabile fosse questo lo scenario in molti paesi sardi, ai margini delle grandi vigne in un tempo ormai dimenticato. Nel Mandrolisai, dove si ergono “eroici” i filari con decenni di storia ad esempio, il ministero dell’Agricoltura ne ha riconosciuto l'interesse storico, iscrivendolo nel Registro dedicato, e con esso, inevitabilmente tutta la cultura gastronomica rurale che si porta dietro. Così anche la tradizione dolciaria fa parte di questo grande patrimonio. E qua oltre all’uva e alla sapa dal mosto d’uva, abbondano mandorle, noci, nocciole.
La maestria delle massaie ha inventato e prodotto dolci «che rappresentano delle unicità nel panorama nazionale, con un bassissimo, se non assente, utilizzo di zucchero» spiega Manolo Albano, docente di Gambero Rosso che lavora per il Mulino Casillo e che fa parte dello staff della Pasticceria Antica Mesa Tola di Meana Sardo.
Qua le ricette vengono direttamente dall’arte dolciaria di Angela Pisu, nonna di Sabrina, la titolare. «L’utilizzo dell’uva passa è variegato, e possiamo dire che oltre a essere fondamentale nella realizzazione di ricette della tradizione sarda, ora, grazie a una aumentata produzione di panettoni, viene importata sempre in maggiori quantità» spiega ancora Albano. In Sardegna non se ne produce. «Qualcosa in Italia si fa in Sicilia, in pochi stabilimenti. Ma noi importiamo dalla Turchia, e dall’Australia. Il suo utilizzo è fondamentalmente nei papassini classici, qua a Meana abbiamo il passassino meanese che è già diverso. La ritroviamo poi nel “pane ‘e sapa”, e nella zona del sassarese nelle “pardulas”. In Barbagia in alcuni paesi la utilizzano nel “pistiddu” o “papassina”. In generale però posso dire che nonostante tante regioni del Sud Italia abbiano ampie produzioni di frutta secca, a livello dolciario è la Sardegna che riesce a esprimere al meglio le sue potenzialità. Non meno importante il panettone, che è entrato recentemente nella produzione dolciaria sarda. Ciò ha comportato un aumento della richiesta di uvetta in Sardegna».
Così ora, con l’inizio dell’autunno, per la tradizione è tempo di papassini, «espressione di quella stagionalità che i mercati esteri hanno letteralmente stravolto – commenta invece Gigina Tola, storica maestra dolciaria di Sarule che per quarant'anni con le sue sorelle ha prodotto autentiche bontà per il mercato sardo –. E' vero, i tempi sono cambiati, ma io faccio parte di quella generazione che ricorda bene la stagionalità dei dolci, legata alla disponibilità del territorio. Nel nostro laboratorio abbiamo soddisfatto tante richieste legate alla tradizione, penso alle "pardulas" con uva passa che si producono solo nel nord Sardegna. Ricette diverse per zone geografiche, ma la mano e le quantità degli ingredienti cambiavano anche da famiglia a famiglia nello stesso paese. Sa papassina sarulesa ad esempio, si produceva in occasione della festività dei Santi e dei Morti. Noci, mandorle, nocciole, scorza d'arancia, zucchero e farina. Oppure "su panettoneddu" o "papassinu" sia coperto con glassa, sia coperto con lo zucchero».
«Anche a Meana funzionava così – continua Manolo Albano –. Stagionalità e recupero. Infatti un altro fattore importante è l'utilizzo di tutte le materie, anche quelle di scarto. Per la realizzazione del "pane 'e sapa" veniva usato "su zichi" un tipo di semola di scarto a bassissimo contenuto glutinico».