Viktor Diamandis, il booktoker che trasforma i like in lettori: le storie come antidoto alla noia digitale
Tra i più seguiti d’Italia, lettore compulsivo da sempre, approda in libreria con il suo nuovo romanzo, Nightcall
C’è chi TikTok lo usa per ballare, chi per cucinare, e poi c’è chi lo trasforma in una biblioteca pop. Il ventenne Viktor Diamandis, all’anagrafe Victor Zanfretta, è uno di quei rari casi in cui la rete diventa un ponte verso la carta. Booktoker tra i più seguiti d’Italia, lettore compulsivo da sempre, approda in libreria con il suo nuovo romanzo, Nightcall (Magazzini Salani, 344 pagine, 15,90 euro).
Già autore di successo con Daylight, Diamandis si muove tra pagine e pixel con la stessa naturalezza di chi ha fatto della passione un linguaggio. E a giudicare dai numeri, funziona. Mentre un vecchio cliché dipinge gli adolescenti come zombie del display, i dati Istat un po’ rincuorano: la fascia tra gli 11 e i 14 anni è oggi quella con la più alta percentuale di lettori (57%). Una piccola rivoluzione culturale, e Viktor è tra quelli che la stanno guidando.
Victor, ma tu scrivi per te o per i tuoi follower?
«Credo che si debba scrivere prima di tutto per se stessi. Poi certo, quando sai che là fuori c’è un pubblico che ti legge, provi a inserire qua e là quelle due o tre cose che sai che lo faranno stare bene. Nightcall nasce soprattutto da un’urgenza mia, personale. Con Daylight non sapevo che pubblico ci fosse, quindi non mi sono posto il problema. Ora è diverso, ma non scrivo mai per compiacere: piuttosto, per condividere».
Ti capita di pensare che stai davvero “convertendo” i ragazzi alla lettura?
«Sarebbe arrogante dirlo. Però sì, a volte ci penso, e mi emoziona. Perché io con i libri sono cresciuto. Mi hanno dato la vita, letteralmente. Se oggi qualcuno si avvicina ai libri grazie a un mio video o a una mia storia, non è un merito, è un cerchio che si chiude. È come restituire qualcosa che ho ricevuto».
In che momento della giornata scirvi? Hai rituali che ti aiutano?
«Scrivo di notte, scrivo con la musica. Non ho rituali particolari, solo uno: alla fine di ogni capitolo mi preparo una tisana, mi premio con qualcosa di caldo, di buono. È il mio modo per staccare, respirare, rilassarmi».
Hai mai dovuto sacrificare qualcosa che volevi scrivere per far funzionare la storia?
«Succede spesso. Ci sono scene che amerei scrivere, ma i personaggi non vogliono. È una sensazione strana, ma anche bellissima. Loro diventano i protagonisti non solo del romanzo, ma anche della scrittura stessa. Ti dicono cosa fare, e tu li segui».
Ti senti più scrittore o più tiktoker?
«Scrittore, senza dubbio. TikTok è stato il trampolino, ma la scrittura è casa. Il mio rapporto con i social è di gratitudine, non di dipendenza. Lì è iniziato tutto, ma il mio orizzonte è ancora di carta».
Un consiglio per chi vuole regalare un libro a un adolescente?
«Non pensate a cosa “dovrebbe” piacergli. Pensate a cosa potrebbe sorprenderlo. Non date lezioni, date emozioni. I ragazzi non hanno paura delle storie difficili o profonde: hanno paura della noia. Regalate libri che parlano di vita, non di morale».
E tu, quando hai capito che la lettura poteva essere qualcosa di più di una passione?
«Quando mi sono accorto che mi salvava. Da bambino, ogni volta che stavo male, aprivo un libro e mi sentivo altrove, ma nel modo giusto: non per fuggire, ma per respirare. Ancora oggi è così. E se posso far provare anche solo un po’ di quella sensazione a qualcun altro, allora vale tutto».
