La Nuova Sardegna

L’intervista

Antonio Cornacchione: «Olivetti imprenditore geniale. Berlusconi? Era il suo opposto»

di Alessandro Pirina
Antonio Cornacchione: «Olivetti imprenditore geniale. Berlusconi? Era il suo opposto»

L'attore in tour in Sardegna con lo spettacolo dedicato all'illuminato imprenditore di Ivrea

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Con il suo “povero Silvio” ha conquistato i più importanti palcoscenici televisivi d’Italia, dal Maurizio Costanzo show a Zelig, passando per Fabio Fazio, Maurizio Crozza, Aldo Giovanni e Giacomo. Ma questa volta il fan numero uno di Silvio Berlusconi non c’entra. Antonio Cornacchione arriva in Sardegna con uno spettacolo su un altro imprenditore italiano, molto diverso per storia e formazione dal Cavaliere. Parliamo di Adriano Olivetti, simbolo di un’epoca in cui l’industria italiana era all’avanguardia in settori come l’informatica e la chimica. “D.E.O. ex Macchina”, monologo scritto dallo stesso Cornacchione, con la collaborazione ai testi di Massimo Cirri, parla della nascita del Centro di Ricerca Elettronica a Barbaricina, vicino a Pisa, dove sotto la guida dell'ingegner Mario Tchou avrebbero visto la luce il calcolatore Elea 9001 e il primo calcolatore da tavolo al mondo, la P101. Un monologo che arriva nell’isola, targato Cedac, per fare tappa oggi, 19 novembre, ad Alghero, domani, 20 novembre, a Ozieri, venerdì 21 a Lanusei, sabato 22 a Macomer e domenica 23 a Sanluri.

Cornacchione, come nasce questo spettacolo?
«Nasce da un senso di dovere. Io sono un ex dipendente della Olivetti e dai vecchi impiegati sentivo raccontare queste storie sull’azienda. Quando sono andato via l’Olivetti era già in crisi, ma in questi anni ho comprato tanti libri, ho studiato e da questo studio è venuto fuori lo spettacolo, tutto documentato».

Quali sono i suoi ricordi da impiegato?
«La mia era una Olivetti diversa da quella del fondatore, era già quella di Carlo De Benedetti, c’erano le gare tra chi vendeva di più per essere premiato, ma ricordo comunque un’azienda molto attenta nei confronti degli operai. Alcune cose della vecchia Olivetti erano rimaste».

Non crede che la figura di Olivetti sia stata dimenticata dal suo Paese?
«Olivetti è un personaggio a cui tutti hanno riconosciuto la genialità, ma è rimasto un caso isolato. Le politiche industriali del nostro Paese hanno preso altre direzioni. Tutti a dirgli a bravo, ma nessuno che abbia seguito il suo esempio. In questa storia che racconto si parla della sua volontà politica di essere all’avanguardia. A questo Mario Tchou, uno scienziato cinese, aveva affidato il compito di costruire il primo computer italiano. Questo negli anni Cinquanta e oggi stiamo ancora a discutere se dare la cittadinanza agli immigrati».

Vede nuovi Olivetti in Italia?
«Non ne conosco, ma può darsi che ci siano. Io sono per natura un ottimista...».

Paolo Rossi, Zelig, Crozza, Fazio, Aldo Giovanni e Giacomo: qual è stata la sua esperienza tv più divertente?
«Quando ho fatto Zelig era già un caso nazionale, era una macchina da guerra, con ascolti quasi da Sanremo, c’erano tutti i comici che si sono affermati. Se penso allo show che ho più nel cuore mi viene in mente il primo “Che tempo che fa” con Fabio Fazio. Eravamo un esperimento su Rai 3 con ascolti minimi, ma siamo cresciuti fino a diventare un caso televisivo».

Nella sua carriera è stato anche il portiere di Casa Vianello.
«Per una stagione. Era molto divertente vedere Sandra Mondaini e Raimondo Vianello lavorare. Loro andavano avanti a farsi battute anche dopo che finiva il ciak».

Ma le manca Silvio?
«Oddio, il problema è che manca agli italiani. Ma in Italia siamo nostalgici, anche di Mussolini: su questo ho fatto anche una commedia, “Basta poco”. Tornando a Silvio, diciamo che uno non ne dovrebbe avere nostalgia. Come imprenditore è stato l’esatto opposto di quello che è stato Olivetti».
 

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