Ricci, bottarga e piatti di famiglia: da Gino ricette tramandate da 80 anni
A Oristano il tempio della cucina di mare. Il cuoco Fabrizio Scintu: «Non riveleremo mai gli ingredienti segreti della nostra aragosta»
La “Trattoria da Gino” ha aperto i battenti a Oristano in via Tirso per la prima volta nel 1939. La famiglia Pusceddu si è passata l’arte della cucina di casa di generazione in generazione, fino al 2023 quando la terza va in pensione: Nazzaro, oste amato da tutta la città, lascia l’eredità nelle mani del fidatissimo cuoco Fabrizio Scintu, al suo fianco da quasi 30 anni. Nel bel mezzo del passaggio, però, dopo un annetto, l’ultimo fondatore.
«Era il 1998 quando ho messo piede nella cucina di via Tirso: per me Nazzaro è stato come un papà e un fratello più grande messi insieme – racconta Fabrizio Scintu –. Mi raccontava spesso del nonno e soprattutto del padre, che era scomparso cinquantenne. Nazzaro allora era militare, e a 19 anni ha preso in mano la trattoria, buttandosi dentro anima e corpo». Un grande lavoro dietro alla fortuna di questo locale storico di Oristano. «Nazzaro mi ha insegnato tutto – va avanti il cuoco –. Per questo, ho tenuto tutta la sua linea di piatti: non ho cambiato nulla, solo personalizzato alcuni particolari come la mise en place e i quadri, che ho dedicato alla Sartiglia». E ripercorre alcuni passaggi storici: «Inizialmente la trattoria si chiamava Il Cacciatore: il padre di Nazzaro andava a caccia e si mangiava soprattutto cacciagione. Poi negli anni Ottanta la svolta con il pesce, grazie al passaggio di un cuoco di Meana Sardo».
Così nasce la famosa “Aragosta alla Gino”, rigorosamente di pescato locale e il cui mix per il condimento è rimasto un segreto a oggi custodito in cucina. Qui la pasta è al 100 per cento di grano sardo, prodotta dall’azienda di Cabras, Monte Trigu. Nel menù, lo storico carrello degli antipasti freddi, dove ancora oggi come 40 anni fa si trova il paté di cernia, l’insalata di polpo sempre fresca e la burrida a sa crabarissa, ovvero la razza al sugo.
Non mancano mai le orziadas, nome sardo per gli anemoni di mare, fritte o come condimento degli spaghetti, e i prodotti di stagione come i rinomati ricci, spalmati su crostini o ad accompagnare un bel primo. Chi viene qui da sempre sa di trovare immancabilmente le tagliatelle con i funghi antunna o con i carciofi e la bottarga. Di nuova introduzione, i ravioli bianchi e neri di crema di crostacei o i culurgiones su crema di zucchine con sugo di scampi e bottarga. «A tramandare il gusto della trattoria a Oristano siamo rimasti praticamente soli: qui si mangia come dalla nonna o dalla mamma, con sapori genuini, porzioni abbondanti, niente è congelato o precotto. Seguiamo i prodotti di stagione perché è giusto anche desiderare un piatto, aspettarlo tutto l’anno. L’occhio e l’olfatto sono la prima cosa che colpisce sul cibo, ed è la prima cosa che soddisfa, poi arriva il sapore che deve essere eccezionale».
Fabrizio Scintu, che lavora con il figlio Matteo e la moglie Tiziana Careddu in sala, sa di fare parte della storia di Oristano, e per questo non molla: «Viviamo a lavoro ed è sacrificante. Ma le soddisfazioni che mi regalano i clienti sono uniche, soprattutto la consapevolezza di aver raccolto un’eredità importante».

