La Nuova Sardegna

Regionali: Ruffini, 'poco da celebrare, astensione da togliere il sonno'

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Roma, 25 nov. (Adnkronos) - “Le regionali in Campania, Puglia e Veneto completano un quadro di elezioni regionali con un verdetto che non sorprende nessuno: tutto resta com’era. La destra governa dove già governava, la sinistra governa dove già governava. È come se il Paese vivesse in una teca di vetro mentre fuori il mondo cambia con una velocità impensabile: crisi globali, nuove geografie del potere, conflitti, rivoluzioni tecnologiche che riscrivono il lavoro e l’industria, nulla sembra sfiorare la politica italiana. Ogni equilibrio resta immobile. Non per saggezza: per rassegnazione”. E’ quanto si legge in un post su Più Uno, i comitati fondati da Ernesto Maria Ruffini. “Ciò che più stupisce infatti non è la stabilità politica, ma l’indifferenza con cui la si accoglie -continua Ruffini-. Oggi si festeggiano vittorie e ci si conforta in una riconferma. Sicuramente bisogna sempre ringraziare la minoranza che continua a recarsi alle urne e ci concede lo spazio della speranza. I partiti però si affannano in analisi autoreferenziali mentre l’unico dato che dovrebbe togliere il sonno a chiunque creda nella democrazia è l’astensione ormai maggioritaria. Davanti a meno della metà dei cittadini che si recano alle urne, non c’è poco da celebrare. E la cosa più grave è che questo non scandalizza più nessuno. I partiti appaiono soddisfatti contando i consensi dei pochi che hanno ancora voglia di votare, come se questo li mettesse in grado di rappresentare un Paese intero. Oggi più che mai i partiti appaiono chiusi in sé stessi, impegnati a proteggere gli equilibri interni, incapaci di parlare a quel mondo vastissimo che si è allontanato perché non si sente ascoltato, non si sente visto. La politica è diventata così una conversazione tra pochi per pochi: l’opposto di ciò che dovrebbe essere”. “Per questo -conclude Ruffini- se vogliamo che le elezioni politiche segnino una svolta reale, dobbiamo fare ciò che nessuno sta facendo: rivolgerci a chi non vota più. Non per rimproverarlo, ma per ascoltarlo.  Non abbiamo bisogno di racconti rassicuranti. Abbiamo bisogno di dire con chiarezza che la democrazia si salva solo quando la si rende di nuovo desiderabile. E che questo compito non spetta a un leader, ma a tutti noi. Se vogliamo cambiare il futuro non basta l’argine alla destra. Dobbiamo tornare a ricostruire le ragioni di una comunità con una grande ambizione politica, un passo dopo l’altro, un più uno alla volta”.
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