Case in campagna la Regione scarica la palla ai Comuni Costruzioni in un ettaro: più facile nelle zone interne Le città costiere dovranno fare una variante al Puc
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Sassari Servono molte meno parole di quelle utilizzate nelle 28 pagine firmate dall’assessore all’Urbanistica Aldo Salaris per delineare la “rivoluzione” delle nuove residenze in campagna con un ettaro di terra: è un buco nell’acqua. In sostanza, la Regione ha passato la palla ai Comuni, soprattutto quelle costieri, che potranno decidere se adeguarsi o meno alla possibilità di autorizzare nuove residenze in un ettaro. Tradotto: l’anarchia continuerà. La circolare La prima cosa da dire sulla circolare è questa: per spiegare come vanno letti e applicati i 3 commi dell’articolo 26 del Piano Casa, che contiene le novità sull’agro, sono servite 28 pagine. E questo è già un segno della complessità della questione, ma anche un dato sulla bontà della norma: quelle scritte bene, di solito, non hanno bisogno di essere spiegate. Ma tant’è. La prima cosa da fare, invece, per affrontare la lettura con serenità, è cominciare dalla fine: dallo specchietto riepilogativo che sintetizza quali interventi si possono realizzare. E potrà sembrare strano ma in certe situazioni la norma premia con l’ettaro i Comuni meno virtuosi, quelli con strumenti urbanistici datati e non adeguati al Ppr. Effetto ciambella La circolare assessoriale divide l’isola in due grupponi, così come è disciplinato negli ambiti del Ppr: i Comuni che si trovano nell’ambito costiero e quelli più interni. Visivamente si tratta di una mappa a effetto ciambella: intorno c’è chi si affaccia sul mare e al centro tutti gli altri. Questi due macro-insiemi sono a loro volta divisi in Comuni che hanno un Puc approvato, quelli con strumenti urbanistici più vecchi (piani di fabbricazione, Prg) e poi ci sono i Comuni più virtuosi, cioè quelli che hanno concluso la trafila degli aggiornamenti normativi e si sono adeguati al Ppr. Sulla costa I Comuni costieri che non hanno il Puc adeguato al Ppr si beccano le norme di salvaguardia del piano paesaggistico: lotto minimo per le residenze fissato a 3 ettari e soltanto per gli imprenditori agricoli professionali ed indice fondiario massimo è fissato 0,03. Se il terreno sta all’interno della linea di vincolo del bene paesaggistico “fascia costiera” (ogni Comune ha la propria mappatura) serve anche ottenere l’intesa con la Regione. Per i Comuni che, invece, hanno adeguato il Puc al Ppr si applicano le norme decise dal consiglio comunale. E qui è come aprire le porte dell’inferno. Virtuosi ma mazziati Il caso più spinoso riguarda proprio i Comuni costieri adeguati al Ppr. Pur essendo virtuosi rispetto ai colleghi che ancora non hanno proceduto a recepire le norme paesaggistiche, si trovano sostanzialmente sulla stessa barca. Durante l’adeguamento avvenuto negli anni, infatti, i Comuni hanno mutuato le norme sull’agro attingendo al piano paesaggistico, cioè con il lotto minimo per le residenze fissate a 3 ettari e soltanto per gli imprenditori agricoli professionali. Oggi, alla luce di questa nuova visione delle campagne, introdotta con l’articolo 26 del Piano Casa (salvato dalla Consulta) ed “esplicata” con la circolare assessoriale, in teoria basterebbe soltanto un ettaro per fare casa, e oltre i mille metri dalla costa non è necessario essere agricoltori. Ma per poterlo fare i Comuni dovranno modificare i Puc, e forse in certi casi sfasciare la disciplina delle campagne già approvata. Nell’interno Chi può godere come un riccio sono le comunità al centro della ciambella. E, soprattutto, quelle dell’interno che hanno anche strumenti urbanistici vecchi come il cucco. Per loro l’ettaro nell’agro ha le porte spalancate. I Comuni che non hanno pianificato si beccano in pieno le Direttive dell’agro del 1994: un ettaro di terra, non serve essere agricoltori e basta soltanto gestire la campagna e tenerla in ordine. Cambi di destinazione Lo stesso discorso che vale per le nuove residenze nell’agro si può fotocopiare anche per i cambi di destinazione, cioè la conversione in abitazioni di vecchi magazzini o immobili di altre categorie urbanistiche già esistenti nelle campagne. Anche questo è possibile – in teoria – ma è necessario che venga previsto nel Puc dei Comuni con le stesse procedure delle nuove costruzioni. Anarchia Le direttive assessoriali non risolveranno quindi la discriminazione di fondo esplosa con la modifica dell’articolo 26 del Piano Casa salvato dalla Consulta: continueranno ad esserci Comuni che manterranno il lotto minimo per le residenze a 3 ettari, e quelli che invece decideranno di proporre una variante al Puc alla Regione, con tutto quello che ne consegue in termini di impiego di risorse per rimettere mano gli uffici del piano, di tempo per l’approvazione politica e tecnica della pratica. Ogni amministrazione comunale deciderà per sè e l’isola continuerà a rimanere divisa tra cittadini che potranno permettersi di costruire una casa in campagna e chi, invece, dovrà farsene una ragione.