La Nuova Sardegna

Cagliari

Referendum, subito la riforma: a rischio anche le Province "storiche"

di Filippo Peretti
Referendum, subito la riforma: a rischio anche le Province "storiche"

Scontro sull’ipotesi transitoria dei commissari liquidatori negli enti aboliti dal voto popolare. C’è chi punta al riordino complessivo. In forse la proroga di Cagliari, in bilico le altre amministrazioni

09 maggio 2012
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CAGLIARI. I referendum che hanno abrogato le nuove Province mettono a rischio anche le altre quattro, quelle “storiche” di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano. Le scosse del voto-terremoto di domenica scorsa non si sono esaurite, anzi l’impressione è che lo scontro politico sia solo all’inizio e che a questo punto possa succedere di tutto.

La cancellazione tout-court di Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias ha creato una situazione tecnicamente molto complessa: la conferenza dei capigruppo del consiglio regionale, riunita dalla presidente Claudia Lombardo, ha deciso di rivolgersi con urgenza a diversi costituzionalisti. Le ipotesi politiche di soluzione messe in campo sono numerose e questo fatto fa salire ulteriormente la tensione politica. Le proposte, tutte ancora ufficiose, sono tre.

La prima soluzione è quella transitoria, serve a coprire il vuoto amministrativo nei territori rimasti senza Provincia, senza presidenti, giunte e consigli. L’ipotesi prevalente – che ha comunque anche qualche opposizione – è quella della nomina di quattro commissari liquidatori che verrebbero incaricati, in attesa del riordino complessivo del sistema degli enti locali, di gestire beni, funzioni e personale. C’è chi parla di un mandato di un mese (giusto il tempo di approvare una legge organica), chi invece parla anche di un anno o del «tempo necessario».

La seconda ipotesi (sostenuta da chi pensa che la Regione non ha il potere di nominare commissari liquidatori delle Province) è invece quella di saltare la fase transitoria e in poche settimane fare la legge del riordino complessivo.

Subito o al massimo nel 2013 entrambe le ipotesi hanno la stessa conseguenza: il commissariamento delle Province storiche. Infatti, dato che la Costituzione prevede le Province, la soluzione non potrebbe essere che quella di tornare ai vecchi confini di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano. E siccome il recupero del territorio e degli abitanti sarebbe più che robusto, si imporrebbero le elezioni anticipate. Con una novità: in base al decreto «Salva Italia» di Monti (dicembre 2012), a eleggere i nuovi consigli provinciali (appena dieci seggi) non sarebbero più i cittadini ma i consigli comunali del territorio. Insomma, i referendum provocherebbero indirettamente anche l’addio anticipato dei presidenti, delle giunte e dei consigli delle Province storiche.

Stando a indiscrezioni raccolte ieri negli ambienti politici, la soluzione complessiva immediata sarebbe sponsorizzata dal presidente della Regione Ugo Cappellacci, forte sostenitore dei referendum, e da un vasto settore del Pdl. Una soluzione più morbida, almeno nel tempo, non dispiacerebbe però al Pd, che anche ieri, col segretario Silvio Lai e il capogruppo Giampaolo Diana, ha sollecitato il riordino complessivo del sistema degli enti locali dando più potere ai Comuni.

C’è una terza ipotesi di intervento. Dando per scontato che una soluzione transitoria è indispensabile per la liquidazione delle Province abrogate dal voto, c’è chi ricorda (e non sono solo i Riformatori) che domenica i sardi hanno votato anche un referendum consultivo sulle Province storiche e che i Sì sono stati pari al 66 per cento dei votanti. Siccome le Province non possono essere cancellate del tutto perché sono previste dalla Costituzione (ne ha dovuto prendere atto anche Monti), c’è chi afferma che sia obbligatorio rispettare la volontà degli elettori e quindi approvare in consiglio regionale una legge nazionale di rango costituzionale (come è stato fatto qualche mese fa per il taglio dei consiglieri regionali) che consenta alla Sardegna di non avere Province. Insomma, l’istituto dell’ente intermedio verrebbe abolito del tutto.

Ai Comuni non resterebbe che organizzarsi in Unioni per condividere servizi, tutto il resto passerebbe alla Regione. E gli accentratori, come dimostra il dilagante «cagliaricentrismo», non mancano di certo. Così come non mancano le tentazioni di commissariare tutto il possibile.

In questo clima rischia di saltare l’ipotesi della proroga di un anno della giunta e del consiglio provinciale di Cagliari su cui le forze politiche stavano costruendo un accordo.

La situazione è molto complessa: perché i confini di altri organismi (ad esempio le Asl) sono condizionati da quelli delle Province. Per cui ridisegnare le funzioni complessive non sarà facile. Sia per motivi tecnici, sia per ragioni politiche: sinora non è stata fatta alcuna riforma e, nonostante l’urgenza dettata dal risultato elettorale, il clima è condizionato da scontri, rivalità e diffidenze. Sulla commissione Riforme si stanno concentrando tutte le attenzioni e le tensioni. Forse non è quindi un caso che il presidente Paolo Maninchedda si stia rifugiando dietro un prudente silenzio.

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