Donne e scienza: le ragazze di tutta l'isola pronte ad abbattere i pregiudizi
Alla Cittadella di Monserrato in collegamento col Cern la Giornata internazionale voluta dall'Onu e organizzata da Viviana Fanti del Dipartimento di Fisica per favorire l'accesso delle giovani agli studi scientifici e poi al lavoro e agli sviluppi di carriera. Il contributo di Giulia giornaliste per un linguaggio dei media libero da stereotipi
CAGLIARI. Donne e ragazze immerse nelle Scienze per un giorno appena, per la vita chissà. E’ il senso della giornata che l’Onu dedica a Donne e Scienza nel mondo, e che l’Università di Cagliari ha declinato organizzando una MasterClass, lunedì 12 febbraio, aperta alle studentesse di quarta e quinta degli Istituti superiori di tutta la Sardegna, chiamate a sperimentare cosa vuol dire fare ricerca in fisica, chimica, biologia, geologia per superare diffidenze e gap che si misurano in ancora oggi in percentuali imbarazzanti, specie se si guarda al vertice delle carriere in ambito scientifico.
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All’Università di Cagliari tra i professori ordinari: Scienze fisiche: nessuna donna, 5 uomini Scienze matematiche: nessuna donna, 7 uomini Scienze chimiche: 3 donne ordinarie, 1 uomo Scienze biologiche: 8 donne, 12 uomini Scienze della terra: 1 donna, 3 uomini.
“Vogliamo far parlare le ragazze” – ha esordito Viviana Fanti, ricercatrice del Dipartimento di Fisica e organizzatrice dell’International Day – durante questa giornata le studentesse saranno in collegamento con il Cern di Ginevra, dove lavora la ricercatrice di Cagliari Marianna Fontana, analizzano i dati su cui lavora il Cern, fanno i controlli sul mammografo, scoprono la fisica medica, si occupano di nanomateriali, di studi delle proteine. Sono attività che svolgiamo anche in altre masterclass miste, o nelle giornate di orientamento, ma entrare in laboratorio è ben diverso”. Dopo due anni di Woman in Scienze Day le iscrizioni di donne a Fisica è aumentato del 10%, e quest’anno la lista delle attività si è allargata a Geologia, Scienze biologiche, Chimica e Medicina.
Ma tra le novità, sottolinea con orgoglio Viviana Fanti, “ospitiamo anche un gruppo di quinta elementare e alle bambine raccontiamo la storia di Marie Curie che ha vinto due premi Nobel”. Alla domanda se sia utile la separazione dai ragazzi risponde: “Ci sono momenti di dibattito in cui si interviene ragionando su stereotipi come “Il cervello delle donne è diverso da quello degli uomini” e dalle scorse edizioni siamo state colpite dalla vivacità del dibattito e da come le ragazze si sentono libere di esprimersi, in ogni caso a noi interessa far capire che per quanto difficile, la ricerca si può fare”.
Un vero cambiamento sarà possibile solo a condizione che anche la società cambi, se è vero che ad esempio nel Dipartimento di Fisica su 40 persone solo 3 sono donne, di cui una professoressa associata e due ricercatrici. Tra gli ordinari neppure una donna. Spiega ancora la ricercatrice: “Certo le ragazze continuano ad accedere ai dottorati ma la piramide è ancora in piedi. Se penso che dodici anni fa quando chiesi di aprire un asilo in Cittadella perché avevo tre bambini piccoli, mi guardarono come fossi matta e un ordinario mi rispose ‘Non vedo tutte queste pance in giro’ quasi fosse un problema solo nostro e non dell’umanità intera”.
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Per riflettere sugli stereotipi di genere nella scienza, nel linguaggio e nei media la MasterClass, quest’anno ha ospitato gli interventi di GiULia giornaliste, inaugurati dalla presidente Susy Ronchi: “Un’indagine condotta in 5 paesi europei, tra cui l’Italia, da Opinion way ha dimostrato che solo il 10% degli intervistati pensa che le donne abbiano particolari attitudini per la scienza. Il 70% in Italia, superiore alla media del 67%, è convinto che non possiedano le capacità per perseguire un’alta carriera, mentre per la stragrande maggioranza sono portate per le scienze sociali, le lingue, la comunicazione e l’arte. Proprio in questo sondaggio nel 2009 la Premio Nobel per la medicina Elisabeth Blackburn ha raccontato che quando era al liceo un professore le chiese: “perché una ragazza carina come te studia materie scientifiche?”; questi sono pregiudizi insopportabili, sono pregiudizi culturali che dobbiamo estirpare. Pensate quante donne, quante menti geniali, quante appassionate studiose ci sono state e ci saranno che però non hanno scelto di impegnarsi nella ricerca e nella scienza perché non incoraggiate, non stimolate, perché questa società ancora troppo ricca di luoghi comuni e pregiudizi non ha dato loro fiducia e non si sono sentite all’altezza. Come estirpare questi pregiudizi? Anche attraverso un linguaggio mediatico corretto e una informazione specchiata della realtà che descrive”.
Dopo i laboratori, sono ancora le giornaliste di Giulia a riprendere le fila del discorso. Federica Ginesu, giornalista free lance, ha presentato alla platea di scienziate in erba donne sarde pioniere dei diritti: ritratti di donne che dalla fine dell’Ottocento hanno dimostrato a dispetto dell’epoca loro che il contributo femminile alla conoscenza è fondamentale: sfilano sullo schermo i volti di Caterina Berlinguer Faccion, giornalista e scrittrice che fonda, scrive e stampa Le donne e la civiltà, Paola Satta prima sarda laureata in medicina, Adelasia Cicconata prima medica condotta d’Italia, e infine Eva Mameli, la prima a vincere la libera docenza in Botanica”.
Valentina Guido, addetto stampa dell’Università di Sassari ha parlato del linguaggio di genere spiegando che il linguaggio non è un gioco e che scrivere Baby squillo non solo è offensivo, ma omette di parlare allo stesso modo dei clienti che creano il mercato.
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Il gioco dei post-it. Prima di collegarsi al Cern la ricercatrice Alessia Zurru ha condotto il dibattito sugli stereotipi: si vota con dei post-it verdi o rossi, d’accordo o contrario al detto che le donne sono in competizione tra loro e non fanno squadra, o che hanno un cervello e una sensibilità differenti. L’analisi delle ragazze è lucida, consapevole che la competizione femminile è frutto di un’educazione a compiacere i maschi presenti e futuri. “Lo stesso gioco giocato con le bambine questa mattina – ha raccontato la ricercatrice – ha attribuito tutta l’intelligenza alle bambine e lo spirito di libertà e divertimento ai maschi”. Anche questo dato da leggersi, secondo le ragazze più grandi come frutto di un’educazione che ‘contiene’ e responsabilizza le femmine, sostiene e libera i maschi.
Il collegamento con Cern compone un puzzle di platee femminili, contemporaneamente a Madrid, Barcellona, Cagliari e Ginevra, si parla solo in Inglese e ci si scambiano esperienze. Tra i banchi circolano gli attestati nominativi di partecipazione all’International Day for Woman and Girl in Science. Fuori è freddo, piove. Dentro l’atmosfera è radiosa: una giornata da non dimenticare.
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