E' morto il professor Luigi Concas, aveva 90 anni. Penalista di chiara fama, ha formato generazioni di studenti insegnando Diritto penale all'università di Cagliari. Di seguito eccolo nel ricordo del cronista.
Corte di Cassazione a Roma, sezione penale: entra il presidente, ha l’aria severa. Guarda la ventina di avvocati che attendono il proprio turno d’intervento: "Cinque minuti - scandisce il magistrato - signori avvocati potete parlare cinque minuti. Allo scadere dei cinque minuti vi tolgo la parola". Parlano i legali, due si dilungano e vengono brutalmente zittii. Arriva il turno di Luigi Concas, ingobbito in quella toga che per lui era come una seconda pelle: "Signori della corte - pronuncia con la sua voce da tenore - mi atterrò scrupolosamente al tempo concesso". Il presidente lo interrompe: "No professore, il limite di tempo per lei non vale". Concas resta un attimo interdetto, quindi ringrazia ed espone la sua difesa per cinque minuti esatti. Era questo, il professore. Non scriveva libri di diritto penale ma la sua fama e il suo prestigio non avevano confini. Come la curiosità, che è il sale dell’intelligenza.
Un giorno di qualche anno fa passò una norma sugli stupefacenti, una cosa complessa e di incerta interpretazione. Il cronista della Nuova Sardegna chiamò al telefono numerosi giuristi, avvocati e magistrati, raccogliendo risposte comprensibilmente evasive:"non ho avuto il tempo", "potrebbe essere così", e via perplessità. Al telefono di Concas rispose una voce roca, irriconoscibile: "Professore è lei?". Risposta: "Sì, sono io. Ho sonno, non ho dormito per cercare di capire questa norma sulla droga, uscita ieri". E anche questo era il professore: a quasi novant’anni studiava la notte su una legge che probabilmente non avrebbe mai riguardato un suo cliente. Per curiosità e "perché di ogni legge - amava dire - bisogna chiedersi qual'è la ragione su cui è fondata". Ma è così: c’erano gli avvocati, bravi e anche bravissimi, poi c’era Luigi Concas, un fuoriclasse che sapeva di esserlo. Odiato e amato dai suoi studenti, odiato e amato dai colleghi, odiato e amato dai giudici.
Con lui se ne va un mondo in cui la giustizia aveva sempre un senso compiuto, un signore del diritto e un protagonista di mille storie processuali dove ogni fatto, nella sua lettura, si trasformava in argomento di studio e di dibattito giuridico. Di lui si ricorderanno molte cose, ma forse l’immagine più significativa del professore è rimasta nell’intimità pubblica di un processo lungo e complesso, davanti alla Corte d’Assise di Cagliari, imputato di omicidio un ragazzo che tutti davano per spacciato tranne lui. Quando il giudice lesse in aula il verdetto di assoluzione, Concas rivolse lo sguardo a un cronista e i suoi occhi erano bagnati di lacrime, emozionato e commosso dopo sessant’anni di battaglie giudiziarie. Ma anche questo era Luigi Concas. (m.l)