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Il deejay senza frontiere che fa ballare anche i vip

Il deejay senza frontiere che fa ballare anche i vip

Giovanni Campus, da Radio Nuoro Centrale alle più grandi discoteche «Far divertire il pubblico attraverso la musica è il must ovunque ti trovi»

30 aprile 2013
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Marshall McLuhan diceva che “la radio tocca tutti intimamente e personalmente: il suo aspetto più immediato è un’esperienza privata” (Gli strumenti del comunicare, 1964)... È così?

«È sicuramente una riflessione ancora valida. La radio comunica, e come un libro lascia spazio all’immaginazione».

Eugenio Finardi canta: “Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente” (La radio, 1976). È veramente così, anche nell’era di internet?

«Internet ha modificato il modo di fare comunicazione, accorciando i tempi per raggiungere ancora prima tutti gli obbiettivi. Velocizzando ed entrando in più canali in tempo reale. La tecnologia è uno strumento fondamentale per il nostro lavoro. La radio è un mezzo mobile interattivo, l’ascolto avviene in mobilità con i tablet, gli smartphone, grazie allo streaming il nostro segnale arriva ovunque, dall’Australia al Giappone».

Fare radio a Nuoro, dunque, è la stessa cosa che farla a Milano piuttosto che a Sidney o a New York?

«Con la tecnologia oramai non ci sono più confini. Basta un click e la diffusione è mondiale. Il modo di fare radio è uguale. Cambiano gli inserzionisti, il fatturato e gli ascoltatori. Se la radio è fatta bene ha gli stessi riscontri in qualsiasi città. La radio è uno strumento estremamente moderno, molto vivace, attuale e presente. È uno strumento di comunicazione che arriva ovunque».

E fare il dj? Farlo a Nuoro è lo stesso che farlo a Milano piuttosto che a Sidney o a New York?

«Non ho un canovaccio di base, cambio al momento, a seconda del pubblico che mi trovo di fronte. Il mio set varia da club a club, per un dj l’improvvisazione è la caratteristica più importante. L’anima del dj è la sua selezione, è la tecnica del mixaggio dovuta alla percezione che ha del pubblico al momento dell’inizio dello show. I dischi creano atmosfera, calore, regalano emozioni. Bisogna capire sempre qual è il momento migliore in cui proporli».

Come è nata la sua passione per la disco music?

«Con la musica si nasce, l’abbiamo nel dna. La musica credo che sia gradita al 95% delle persone. In me poi è nata una passione, un vero amore. Music is love!».

Perché i dj (lei per primo) cercano sempre di nascondere l’età anagrafica?

«È la musica che ci dà l’energia giusta per essere ancor più giovani… ».

Per fare il dj è necessario lavorare in radio?

«La figura del dj nasce nelle discoteche, dove il dj è il protagonista assoluto. L’esperienza nel settore radiofonico, tuttavia, è fondamentale perché ti arricchisce di una cultura musicale e tecnologica vastissima. Tutte e due le esperienze, comunque, sono legate da un’unica filosofia: la musica».

Che differenze ci sono tra una discoteca sarda e una della penisola? E una europea?

«Far divertire il pubblico attraverso la musica è il must di ogni discoteca, sia della Sardegna che della penisola, teniamo conto però che ogni singola persona la percepisce a proprio modo, qui entra in gioco la psicologia del dj che cerca di trasmettere al pubblico le sue sensazioni creando una linea musicale e affollando la pista».

Dj ossia disc jockey, in inglese, che tradotto letteralmente significa “fantino del disco”. Ci spiega cosa significa esattamente?

«È un termine nato in America negli anni Settanta, ma il vero inizio della figura del dj avvenne in Francia con l’apertura delle prime discoteche, sto parlando di quando la Francia era sotto il dominio nazista. Il regime non voleva la diffusione di canzoni del nemico americano, quindi era proibito suonare dischi d’oltreoceano. Fu così che nacquero le primissime discothèques dove vennero messi dischi jazz e blues provenienti dal nuovo Continente. Naturalmente ci voleva qualcuno addetto a selezionare tali dischi, quel qualcuno diventerà presto il “dj”, con l’uscita allo scoperto della discoteca e l’esportazione in America. Lì fu inventato il termine, che significa letteralmente “fantino dei dischi”. Il suo compito era quello di mettere un disco dopo l’altro».

Come è nata la sua collaborazione con le più grandi discoteche di mezza Europa? Germania, Torino, Napoli, Milano, Sicilia?

«L’esperienza e la professionalità sono le caratteristiche di questo lavoro, e l’esperienza è qualcosa che non puoi trovare su internet. In Germania sono oramai quasi quattro anni che suono e ogni volta è uno stimolo nuovo e grandi soddisfazioni. Sono rientrato l’altro ieri da Napoli, dove sono sempre presente nella night life partenopea. Fra le più importanti e prestigiose consolle dove ho suonato ci sono il Dschungel di Francoforte, lo Studio Uno di Caserta, uno dei locali più belli d’Italia. Ma anche l’Arenile Reload di Bagnoli, il Deluxe di Roma, il Club 21, il Life e il Millionaire di Torino... ».

Sempre di corsa, da una parte all’altra...

«Diciamo che ho uno stile di vita simile a quello di un atleta, anche per sopportare spostamenti e ritmi e orari di lavoro impegnativi. Si lavora soprattutto quando gli altri sono in festa e in vacanza».

Lei, oltre che dj, è anche producer. Come nasce un lavoro discografico ex novo o una compilation?

«Il dj è un artista, con una continua ricerca musicale ed evoluzione. Creatività e intrattenimento sono gli obbiettivi. Un progetto discografico nasce con delle idee, esperienze, e un duro lavoro in studio, sia in produzione che in fase di post produzione. C’è sempre la voglia di mettersi in discussione e di provare idee nuove, è da lì che si parte».

Oltre che dj e producer, lei in Sardegna è anche presentatore di vip... nella sua lunga carriera ha presentato artisti della tv, calciatori, personaggi come Edoardo Bennato, Valeria Marini, Alba Parietti, Nina Moric, Umberto Smaila, Jerry Cala, Luisa Corna, Ezio Greggio, Fabrizio Corona, Dario Ballantini, Belen Rodriguez... Poi li ha fatti anche ballare?

«Sì, dove c’è folla c’è sempre una passerella per il vip di turno o lo spazio esclusivo in cui i vip diventano ancor più protagonisti».

Com’è il mercato italiano nel settore?

«Le etichette discografiche hanno capito troppo in ritardo le potenzialità di mercato della musica in formato digitale e ora ne pagano le conseguenze. Internet ha cambiato il mercato discografico».

Qual è stata la sua esperienza più bella? O il momento che ricorda di più della sua carriera?

«Aver suonato a Miami, in Florida, con un pubblico e una folla strepitosa».

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