La Nuova Sardegna

Nuoro

Nuoro, città invasa dalle maschere tradizionali

di Francesco Pirisi
Nuoro, città invasa dalle maschere tradizionali

Il lungo corteo dei gruppi carnevaleschi ha attraversato le vie del centro tra una folla di turisti conquistati dalle esibizioni

21 agosto 2016
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NUORO. C’è la Sardegna preistorica con le feste pagane, i riti di propiziazione del dio nella sfilata delle maschere, nella prima giornata dei festeggiamenti per il Redentore. L’evento ieri, lungo le vie della città vecchia, quella con i confini segnati prima del Quadrivio. I figuranti di funzioni sacri trasformatesi anche in folclore, iniziano la passerella dal principio di via La Marmara, dopo la vestizione che è anch’essa uno spettacolo. L’ammirano i locali, entra negli obiettivi di foto e video-camere dei turisti arrivati dal nord Italia, da Roma, senza dimenticare le presenze di francesi, inglesi e spagnoli.

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Sono i frequentatori della festa di Nuoro da anni, con diverse presenze in più in una stagione salita di 20 punti di percentuale, a sentire gli analisti del turismo sardo. L’assessore comunale Marcello Seddone, tra la folla di via La Marmora: «Non possiamo avere la pretesa di pensare che oggi i numeri dei visitatori siano cresciuti con precisa corrispondenza dell’aumento delle presenze nell’isola, ma è comunque confermato il richiamo della manifestazione».

I primi sussulti e applausi quando partono i Boes e Merdules, dell’Associazione culturale di Ottana. Il primo con la maschera taurina, gli altri con quella di sembianze umane, a evidenziare il dualismo perenne tra trascendente e immanente, ma anche il legame che si è instaurato sin dall’antichità, con un connubio di sorti certo trasformatosi, ma mai spezzatosi. È la stessa radice dei Mamuthones di Mamoiada, che travasano la tradizione da un carnevale all’altro.

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Quando sonagli e campanacci della Pro loco diffondono suoni diventati musiche, il popolo tira il fiato e libera subito dopo tanta emozione. Visi e fotocamere puntate allo stesso modo per i Thurpos di Orotelli, le maschere di Fonni, anch’esse doppie (Urthos e Buttudos), con i numeri quasi circensi, ma comunque segnati nella prassi antica, delle arrampicate tra balconi e cornicioni, per determinare oltre allo spettacolo anche trepidazione, tra chi è lì ammirato e sorpreso. Senza numeri estremi, su Bundu di Orani crea soggezione solo con le sembianze della maschera, con naso prominente e corna elevate in aria. Gavoi presenta “su Tumbarinu”, con organetto, canne e trunfa. Ci si bea di quelle note, prima di ritornare sul seguito della processione mondana, ricca dei gruppi di Oristano, Aidomaggiore, Sindia, Escalaplano, e Olzai, il paese con il quale ritorna in auge “su Maimone”, il fantoccio immolato nel principio della storia raccontata dalle maschere affinché il dio si ricordasse dell’uomo, debole e impotente, e per questo bisognoso di sostegno. Quando la sera scende sul capoluogo i gruppi toccano la meta di piazza Satta, per rinnovare scorrerie e balzi, prima che la stanchezza abbia la meglio.

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