La Nuova Sardegna

Nuoro

Bagarre in aula sul super testimone

di Giusy Ferreli
Bagarre in aula sul super testimone

Gli avvocati di Cubeddu intenzionati a smontare la credibilità di Taras. In sei su quattordici non si presentano a deporre

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NUORO. «Basta. Così non possiamo dimostrare che Taras ha dichiarato il falso». Sbotta l’avvocato Patrizio Rovelli, difensore di Alberto Cubeddu. Sbotta e abbandona per qualche minuto l’aula, al termine di un acceso botta e risposta con le parti civili e la pubblica accusa che si consuma sulle testimonianze destinate a minare l’attendibilità del supertestimone. Smontare la credibilità di Alessandro Taras è la missione dei difensori del giovane ozierese accusato del duplice omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala. E l’aspro confronto è il risultato della tensione che si respira in Corte d’assise a Nuoro.

L’udienza. La giornata, d’altra parte non era iniziata nel migliore dei modi: dei quattordici testimoni citati dalla difesa del giovane di Cubeddu, sei ieri mattina non si sono presentati all’appello. Qualcuno ha fornito la giustificazione, altri invece non si sono presentati punto e basta. L’udienza di ieri mattina prende l’avvio con la deposizione di una giovane donna che si sentiva al telefono con Stefano Masala e che, a suo dire, veniva corteggiata dal ragazzo di Nule scomparso la sera del 7 maggio alla vigilia dell’agguato costato la vita allo studente orunese Gianluca Monni. Si entra nel vivo dell’udienza quando tocca ad un appuntato scelto dei carabinieri testimoniare sulle circostanze che secondo la difesa sono in grado di smontare le dichiarazioni di Taras. Il testimone, nell’incidente probatorio, aveva raccontato di aver assistito, la sera dell’8 maggio, all’incendio dell’auto di Masala nelle campagne di Pattada a opera di Cubeddu. L’auto era stata usata poche ore prima per l’omicidio dello studente di Orune. Taras, tra le altre cose, dichiarò che mentre si recava nel luogo dove venne bruciata l’Opel Corsa vide passare una pattuglia. Sotto la lente d’ingrandimento del difensore di Cubeddu passa quindi l’intera serata di un equipaggio del Nucleo radiomobile di Ozieri.

La ricostruzione. L’8 maggio del 2015, come risulta dalla relazione di servizio arrivò alla centrale operativa una richiesta di soccorso da parte di un automobilista che era andato a sbattere con la macchina contro una mandria di cinghiali vicino allo svincolo per la statale 128 bis. Le domande della difesa e della pubblica accusa rappresentata dal pm Andrea Vacca si concentrano su orari e percorsi dell’Alfa 159 dei carabinieri che, arrivati sul luogo dopo le 22,30 finiscono l’intervento alle 23,40. Le incalzanti domande del pm sugli orari incontrano la strenua opposizione di Rovelli e della sua collega Mattia Doneddu. «Non è ammissibile la domanda del pubblico ministero, il testimone è stato chiarissimo». Sul fattore tempo, ancora una volta, si gioca l’azione del collegio difensivo che intende dimostrare l’incompatibilità delle dichiarazioni di Taras: la pattuglia proprio in quei momenti era impegnata nell’intervento di messa in sicurezza della strada. Gli orari sono confermati anche dall’autista della volante, testimone al quale la difesa in un primo momento aveva ha rinunciato. «Abbiamo finito intorno alle 23,40» dichiara. Sull’orario ma anche sui moduli che riportano la tabella di marcia della pattuglia in servizio nella zona prosegue lo scontro tra difesa e accusa.

Lo scontro. Ma è tra Rinaldo Lai, avvocato di parte civile, e Patrizio Rovelli, che volano le scintille. Lo scontro avviene quando Lai mette in dubbio le correzioni sugli orari riportati sul resoconto dell’attività. La calma torna con la deposizione dell’automobilista, che chiamò il 112. «Ho investito una mandria di cinghiali, a 300 metri dallo svincolo per Pattada. Tutto è finito verso mezzanotte meno un quarto» racconta. Viene sentito anche il brigadiere Antonello Ledda, della Radiomobile, che conferma di aver firmato in uscita il foglio di servizio, un modulo prestampato. A domanda sulla presenza di un altro equipaggio nella zona il militare risponde: «Non ricordo ma presumo che fosse l’unica pattuglia».

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