La Nuova Sardegna

Nuoro

«Moderna e universale questa è Grazia Deledda»

di Luciano Piras
«Moderna e universale questa è Grazia Deledda»

Manca, filologo e curatore della biografia: il rapporto con la città è cambiato «Una grande donna che tutti i ragazzi di oggi dovrebbero leggere e conoscere»

17 novembre 2019
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NUORO. «Perché è stata una grande scrittrice, una grande donna, una grande sarda. È ciò che ripeto come un mantra a lezione». Come fosse lapalissiano, insomma. Chiara e inequivocabile la risposta di Dino Manca alla domanda “Perché i ragazzi di oggi dovrebbero leggere Grazia Deledda?”. «Immaginiamo una ragazza di paese della Barbagia di fine Ottocento – spiega – che grazie ai libri e alle riviste, alla lettura e alla scrittura, approda nella Roma umbertina entrando nei migliori salotti della capitale, conoscendo i più importanti artisti e scrittori del periodo, diventando la migliore imprenditrice e promotrice di se stessa, dialogando alla pari con l’intellighenzia di mezza Europa, riscuotendo un successo di pubblico straordinario» va avanti il professore di Filologia della letteratura italiana all’università di Sassari (Manca insegna anche Letteratura e filologia sarda e Comunicazione letteraria della Sardegna).

Classe 1965, nuorese di Corte de susu (la madre è una Guiso, il padre di Sorgono), è lui il curatore del volume su Grazia Deledda in uscita questa settimana con la collana della Nuova Sardegna “I grandi personaggi”. «Una donna in un mondo di uomini, senza internet, senza social. Ma non solo – sottolinea ancora Manca –. I ragazzi dovrebbero leggerla perché lei ha insegnato a tutti, parafrasando Dessì, che quando si racconta se stessi si può essere universali, quando si cerca di raccontare gli altri si è sempre provinciali. Per lei la Sardegna è stata il centro del mondo, il luogo dell’esistenza assoluta».

Grazia Deledda ha saputo gestire una rete fittissima di rapporti personali attraverso una corrispondenza intensa e costante nel tempo. Avesse vissuto al giorno d’oggi, sarebbe stata una blogger, una self publisher, una social superattiva?

«La Deledda è stata una donna moderna – sentenzia Manca –. Penso quindi che avrebbe utilizzato tutti gli strumenti di comunicazione, con intelligenza, con sobrietà, con Grazia».

Qual è il rapporto attuale tra Nuoro e Grazia Deledda?

«Credo che il problema non si ponga più da molti anni. Lo dico da nuorese che ha inaugurato un corso di filologia deleddiana all’università di Sassari. Rispetto al passato c’è stato un significativo cambio di prospettiva e di paradigma. Questo lo si deve certamente alle tante iniziative promosse dalle istituzioni culturali e dalle amministrazioni locali, ma anche al contributo degli artisti e degli studiosi che hanno saputo rileggere con strumenti critici aggiornati la sua produzione letteraria». Componente della Commissione per l’Edizione nazionale dell’Opera omnia di Grazia Deledda (partecipa anche ai lavori della nuova Edizione nazionale delle Opere di Luigi Pirandello), Manca assicura che «esiste adesso una buona bibliografia che, soprattutto negli ultimi anni, ha – grazie agli apporti della filologia, della linguistica e dell’antropologia – aggiornato, se non riveduto e corretto, una vecchia vulgata critica che aveva relegato la figura della Deledda in ambiti esclusivamente nazionali, se non addirittura regionali. Oggi si parla finalmente di una scrittrice europea di respiro universale».

Scrivi Praga e leggi Kafka. Scrivi Lisbona e leggi Pessoa. Quanto tempo ci vorrà ancora per scrivere Nuoro e leggere Deledda?

«Già oggi in tanti luoghi si scrive Nuoro e si legge Deledda e viceversa. Vuole un personale riscontro? Quando, invitato dai colleghi delle università di Heidelberg, Milano, Pescara e Catania, ho parlato della Deledda, gli studenti hanno pensato a Nuoro e alla Sardegna. E questo lo dobbiamo alla stessa Deledda».

Da sempre impegnato nello studio del rapporto tra filologia, linguistica e critica letteraria, Dino Manca ha curato (tra le altre cose) le prime edizioni critiche delle opere di Grazia Deledda (“Il ritorno del figlio”, “L’edera”, “Cosima”, “Elias Portolu” e “Annalena Bilsini”). «I nuovi studi – sottolinea ancora a chiare lettere il docente universitario nuorese – dimostrano (anche attraverso le inedite indagini sulla produzione, restituzione, circolazione e fruizione del testo) come e quanto la sua opera abbia nel Novecento rivestito un ruolo importante in un contesto internazionale, grazie alla capacità di suscitare nel lettore un bisogno di autenticità, attraverso l’appassionata rappresentazione dell’automodello sardo e la proiezione simbolica del suo universale concreto. Tramite la sua operazione artistica, culminata col premio Nobel – chiude Manca –, Nuoro e l’Isola sono infatti entrate a far parte dell’immaginario europeo: isola intesa come luogo mitico e come archetipo di tutti i luoghi, terra senza tempo e sentimento di un tempo irrimediabilmente perduto, spazio ontologico e insieme antropologico entro cui si consuma l’eterno dramma del vivere».

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