La Nuova Sardegna

Nuoro

Calunnia, assolto l’ex sindaco Chessa

Calunnia, assolto l’ex sindaco Chessa

Osidda, era finito a giudizio per lettere diffamatorie nei confronti del sindaco

30 maggio 2020
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OSIDDA. “Assolto perché il fatto non sussiste”, ovvero, tradotto in altri termini, il reato per il quale era finito a processo, secondo il giudice monocratico, non è mai esistito. Per la legge, dunque, l’ex sindaco di Osidda e attuale capo dell’opposizione nello stesso Comune, Mario Chessa, non ha mai commesso alcuna calunnia nei confronti del sindaco del suo paese, Giovanni Mossa. E per questo il giudice del tribunale di Nuoro lo ha assolto in pieno, stabilendo, in sostanza, che il reato che gli era stato contestato non si fosse mai concretizzato. Si è chiuso così, dunque, ieri pomeriggio, con la lettura del dispositivo di sentenza da parte del giudice monocratico Giovanni Angelicchio, il processo che vedeva Chessa a giudizio per calunnia nei confronti del sindaco Mossa. E sono state accolte sia le argomentazioni, sia le richieste finali, presentate dall’avvocato di Chessa, Ignazio Sanna.

L’ex sindaco era stato accusato di aver inviato diverse lettere e denunce, sotto falso nome, «indirizzate alla stazione carabinieri di Osidda, al comando carabinieri di Nuoro, alla Procura, alla prefettura, al ministero dell’Interno, ed ad altre autorità», nelle quali denunciava «l’amministrazione comunale di Osidda, nella persona del sindaco Giovanni Mossa, di aver commesso reati contro la pubblica amministrazione, quali reati di falso o abuso di ufficio, per sapendolo innocente». In particolare, quelle lettere accusavano Mossa per una vicenda legata alla concessione di un chiosco comunale-bar, e di favoritismi nell’assegnazione di alcuni lavori pubblici». «Non esiste alcuna possibilità di attribuire a Chessa quelle lettere – ha sempre sostenuto l’avvocato Ignazio Sanna – il computer del caseificio di Chessa, nel quale erano stati trovati alcuni file era in uso a tante persone». L’avvocato Sanna ha ricordato poi che al di là della questione dell’attribuzione delle lettere, il contenuto delle stesse era in ogni caso tutto rispondente al vero. «Lo provano anche i verbali dei carabinieri», ha ribadito il legale. E se il contenuto è vero, ha spiegato l’avvocato, la calunnia dunque non sussiste. Una tesi che evidentemente ha convinto anche il giudice. (v.g.)

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