La Nuova Sardegna

Nuoro

L’addio di Silanus al re delle scarpe fatte a mano

di Tore Cossu
L’addio di Silanus al re delle scarpe fatte a mano

La scomparsa di Zaccaria Mastinu, l’artigiano che realizzava calzature per i divi del cinema italiano

13 novembre 2020
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SILANUS. Con Zaccaria Flavio Mastinu se n'è andato un pezzo di storia del paese. Dopo una vita di sacrifici e di duro lavoro è improvvisamente deceduto il calzolaio che in gioventù aveva fatto le scarpe per Marcello Mastroianni, Alberto Sordi e Gigi Proietti. Una figura molto conosciuta e stimata. Il funerale si è svolto ieri a Silanus in forma privata come impongono le misure anti Covid.

Zaccaria Mastinu, classe 1945, aveva raccontato negli anni scorsi la sua vita caratterizzata dall'emigrazione a Roma e Torino. È nella capitale che ha fatto le scarpe, nel senso letterale del termine, ai grandi artisti e attori italiani. «Era il 1964 e lavoravo in una delle calzolerie più famose e più care della città, sulla via Tiburtina, guadagnavo 15 mila lire alla settimana – disse –. È qui che ho preso le misure a numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, del cinema e della televisione». Da Roma a Torino dove per un trentennio ha fatto il barista al Balon, a due passi da Porta Palazzo. Ha presieduto per vent’anni il Comitato dei silanesi residenti in Piemonte e inventato il raduno annuale con i compaesani (circa 300) che vivevano a Torino e dintorni.

Passano 40 anni e Zaccaria Mastinu fa ritorno a Silanus dove passava le giornate tra tomaie e tacchi. Nel suo piccolo laboratorio di via Roma, nel centro storico del paese (rione Sa Madalena), riprende a fare il calzolaio sulle orme del padre, l'indimenticabile mastru Sidore. «Ho iniziato a sette anni, per gioco. Raddrizzavo i chiodi». Il primo paio di scarpe lo ha confezionato a 14 a un ragazzo di Lei. La concorrenza in paese era molta: «A Silanus, in quegli anni, c'erano altri sette ciabattini – raccontava Zaccaria – I clienti erano soprattutto pastori e agricoltori: «Il mese di settembre era tra i più duri perché dovevamo fare le scarpe per l'inverno». I pagamenti avvenivano in natura: «I contadini saldavano il debito a sa regorta, cioè nel momento in cui mietevano il grano, mentre i pastori davano l'equivalente in formaggio. Per un paio di scarponi ne occorrevano nove chili». Per guadagnare di più si inventa un secondo lavoro: «Dal lunedi al venerdi facevo il calzolaio – diceva divertito mentre annodava le trame di un filo – il sabato e la domenica il barbiere». A 18 anni inizia la sua storia da emigrante e con la complicità di un amico riusci a entrare come dipendente in una delle calzolerie più grandi di Roma. Il rientro a Silanus è interrotto dal servizio militare: 15 mesi a Elmas come vigile del fuoco. Poi partì per Torino dove Zaccaria anticipa di qualche decennio il lavoro flessibile facendo il carpentiere in ferro, il cameriere, il pavimentista e il barista, per un trentennio. Nel 1999 fece il ritorno in paese: «Erano anni che non lavoravo una scarpa – ricorda con un pizzico di emozione – quando ho ripreso credevo di non esserne più capace ma dopo il primo paio tutto è filato liscio». Fino a due giorni fa, quando il Covid se l’è portato via.

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