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Il processo

Racket delle granite a Berchida, il pm chiede tre condanne

Racket delle granite a Berchida, il pm chiede tre condanne

Requisitoria al processo per estorsione. La difesa: «Non c’è alcuna prova»

06 ottobre 2022
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i Kety Sanna

Nuoro È alle battute finali il processo per il presunto “racket delle granite” che vede imputati davanti al collegio presieduto da Elena Meloni, Graziano Carta, Giovanni Maria Carta e Luca Derosas, difesi dagli avvocati Pasquale Ramazzotti, Gianluca Sannio e Tito Flagella, accusati di estorsione e danneggiamento seguito da incendio ai danni di una società di Cagliari che si occupava del servizio lungo il litorale di Berchida. Ieri alla fine della sua requisitoria il pm Andrea Ghironi ha chiesto tre condanne: a 5 anni e sei mesi per Giovanni Maria Carta, e a 1 per altri coimputati. Sentenza di assoluzione, invece, è stata sollecitata dai difensori.

«Ritengo dimostrata la responsabilità penale degli imputati – ha detto Ghironi –. Prima di entrare nel vivo della discussione vorrei fare un passo indietro riportando episodi che, seppur non contestati agli imputati, permettono di far capire il clima di intimidazioni subito dalla “Sea and Sun” di Daniele Deplano, a partire dal 2015 fino all’anno successivo. In particolare – ha detto la pubblica accusa – ignoti avevano danneggiato uno dei mezzi usati dagli operai della ditta per il trasporto dei carretti in spiaggia. Il 23 luglio 2016 un altro mezzo di Deplano era stato dato alle fiamme e una settimana dopo, il 29 un altro incendio aveva distrutto due vetture della stessa ditta parcheggiati a San Teodoro. Quella notte a poca distanza dal luogo dell’attentato – ha aggiunto il pm – erano stati fermati Graziano Carta e Luca Derosas, poi trovati in possesso di un accendino e di un tappo che odorava di benzina. Erano partite le indagini: alcune utenze telefoniche erano state intercettate e gli inquirenti avevano iniziato a seguire la pista che portava al chiosco nella spiaggia di Berchida, di cui era titolare Giovanni Maria Carta».

Dalle conversazioni tra alcuni dipendenti di Deplano, per la pubblica accusa era emerso chiaramente il reato di estorsione.

«Un racconto in diretta di quanto stava succedendo – ha detto Ghironi –. Dalla conversazioni del dipendente Roberto Demontis con altri soggetti, era emerso che quelle persone del chiosco avevano minacciato dei suoi colleghi perché non volevano che si parcheggiassero i carretti nei pressi del locale.  Il titolare della ditta, Deplano, era andato al chiosco e aveva presto pagato il pizzo. Poi Marco Floris che aveva raccontato di essere stato avvicinato da Carta il quale gli aveva detto che se non volevano avere problemi con loro, il suo capo si sarebbe dovuto rivolgere a lui. Deplano il giorno dopo era andato a parlare con il titolare del chiosco e poi aveva assicurato i suoi dipendenti che il problema era risolto. Che il titolare avesse pagato – ha rimarcato il pm – lo sapevano tutti i dipendenti».

In aula Deplano, però, ha sempre negato di aver dato dei soldi a Carta che, a sua volta, aveva dichiarato di aver semplicemente messo a conoscenza il titolare della “Sea and Sun” del comportamento poco corretto dei suoi lavoratori durante il servizio. Di impianto accusatorio traballante hanno parlato i difensori degli imputati che a più riprese hanno rimarcato la mancanza di prove per dimostrarne la colpevolezza.

«Il pm avrebbe dovuto provare le minacce nei confronti di Deplano e soprattutto il versamento di denaro – hanno detto gli avvocati Ramazzotti, Sannio e Flagella –. Invece questo dato manca completamente. Dopo mesi di intercettazioni, controlli bancari, proroghe delle indagini, nessuna somma è transitata dal conto di Deplano a quello degli imputati».

I difensori hanno evidenziato, la poca attendibilità del teste Floris che ha rilasciato dichiarazioni imprecise e contraddittorie. «L’estorsione in questo processo è inesistente – hanno concluso prima di chiedere l’assoluzione per tutti –. Manca l’evento». Il 19 ottobre la sentenza.


 

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