La Nuova Sardegna

Olbia

Suicidio sventato a Olbia: «Non ha senso morire per i debiti»

di Stefania Puorro
Suicidio sventato a Olbia: «Non ha senso morire per i debiti»

Parla l’infermiera salvata dopo aver scritto su Facebook di volersi uccidere: «I miei angeli custodi sono i carabinieri che mi hanno salvata. Ora aiuterò chi sta peggio di me»

26 maggio 2012
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OLBIA. «Gli angeli custodi esistono. I miei sono due carabinieri, quelli che mi hanno salvata dopo che avevo tentato il suicidio, quelli che mi hanno fatto capire che la vita è preziosa, che va vissuta. E ora so che, prima o poi, il sole sorgerà anche per me».

Franca, il nome è di fantasia, è l’infermiera precaria di 50 anni che, schiacciata dai debiti e dalla solitudine, ha cercato di farla finita, il 16 maggio scorso. «Un attimo di follia che mi ha trascinata nel buio, ma ne verrò fuori. E se non avrò i soldi per saldare una bolletta o la rata del mutuo, vorrà dire che pagherò quello che potrò, ma mai più nulla mi potrà far arrivare a pensare che è meglio morire. Mai più».

Un aiuto per gli altri. «Adesso mi batterò per dire basta ai suicidi, per aiutare le persone che probabilmente si trovano in una situazione peggiore della mia, che hanno figli da crescere e molti più debiti. I segnali, da chi soffre, da chi è disperato, da chi pensa di non farcela ad andare avanti, arrivano sempre. L’importante è saperli cogliere. E se qualcuno è in grave difficoltà, non deve mollare: deve sapere che c’è sempre chi è disposto ad aiutarti. E’ quello che ho scoperto e capito io. Non sarebbe stato giusto, se fossi morta, far soffrire tremendamente i miei cari, e non sarebbe stato giusto addossare loro la mia pesante situazione».

La nuova vita. Gli occhi di Franca sono gonfi di emozione. Sono quelli di una donna che si è ripresa in mano la sua vita, anche se per rimettersi in sesto completamente ci vorrà del tempo. «Ma se questo è accaduto, lo devo soprattutto ai carabinieri. Un tempo pensavo che fossero freddi militari impegnati solo a far rispettare la legge. Ma c’è molto di più, in loro. Hanno dimostrato una sensibilità incredibile: sono il brigadiere Giulio Cau e l’appuntato scelto Francesco Mulas. Anche l’altro giorno sono venuti a trovarmi, accompagnati dal comandante, il colonnello Nicola Lorenzon, e non finirò mai di ringraziarli per tutto quello che hanno fatto».

Gli amici. Ma questa donna che ha trasformato la sua fragilità e le sue paure in forza e coraggio, vuole ringraziare anche altre persone. A partire dall’amico con cui chattava su Facebook, la sera in cui si è tagliata le vene, il quale ha immediatamente chiamato il 112 intuendo che cosa la donna volesse fare. E poi deve molto anche a una sua collega, che ha trascorso la notte in ospedale con lei rimanendo al suo fianco senza staccarsi per un secondo. «Ma mi sono state vicino tutte le mie colleghe, la dirigente infermieristica, la caposala».

Il messaggio. Quello che Franca, oggi, vuole lanciare è un messaggio di speranza. «Voglio che la gente capisca che compiere o tentare di compiere gesti estremi non porta a niente. Prima della crisi economica, vivevo serena. Non ho mai navigato nell’oro, con un lavoro precario come il mio, ma oggi dico che almeno, io, un lavoro ce l’ho. Sono stata sempre attenta a spendere i soldi, non li ho mai sperperati. Ogni giorno facevo i miei conti e tiravo avanti. Sono riuscita anche a ottenere un mutuo per la casa in cui vivo. Poi è cominciato l’incubo: non ce la facevo più a pagare tutte le bollette, mentre la banca mi negava la riduzione della rata del mutuo. Non ho la macchina, perché non me la sarei potuta permettere, ma per me era diventato impossibile anche pagarmi l’abbonamento del bus. Quando nessuno ti viene incontro e ti aiuta, nonostante tu sia onesto, e nonostante cercassi di spiegare che se non pagavo era perché non avevo i soldi, ti sembra di non trovare una via d’uscita, ti senti uno scarto della società. E quando cominciano a staccarti la luce e non hai più nulla, vivi continuamente nella paura e nella disperazione. Quella maledetta sera, mentre chiacchieravo attraverso Facebook con il mio amico, gli ho detto solo una frase, forse inconsapevolmente. “Non so, domani, che cosa sarà”. E lui, un attimo dopo, aveva già chiamato i carabinieri mentre io cercavo di mettere fine alla mia vita. Che adesso mi riprendo, per ricominciare. E’ vero, è la vita di sempre, ma la guardo con occhi diversi. Con l’ottimismo e con la voglia di farcela. E se domani non potrò pagare una rata, farò il mio dovere di cittadino appena potrò. Altrimenti spiegherò al giudice, se qualcuno mi porterà davanti a lui, perché sono stata inadempiente».

Il sogno. Franca non è uscita allo scoperto per chiedere un aiuto economico. «No, non voglio assolutamente soldi da nessuno e lo preciso perché qualcuno potrebbe pensarlo. Quello che desidero è fare qualcosa per salvare altre vite, perché so che ci sono tante persone disperate. Magari, anche se adesso può sembrare un sogno, si potrebbe creare una nuova associazione di auto-aiuto per incontrarci, per parlare. Io mi vergognavo a parlare, e so che in molti, in difesa della loro dignità, si vergognano a raccontare di essere poveri, di essere nei guai. Non c’è niente di più sbagliato. Dobbiamo unire le forze e se troverò chi è in grado di donarmi un piatto, io magari offrirò in cambio una caffettiera. C’è un’altra cosa che voglio dire a coloro che potrebbero vivere un momento di follia come è capitato a me: chiamate i carabinieri se non volete sfogarvi con nessun altro, e dite loro che avete brutti pensieri. Sapete, gli angeli esistono davvero».

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