La Nuova Sardegna

Olbia

Le lingue dell’isola nella liturgia sacra, comincia Bortigiadas

di Angelo Mavuli
Le lingue dell’isola nella liturgia sacra, comincia Bortigiadas

Il sì allo statuto in gallurese della confraternita Santa Croce Sanguinetti: illustrerò in logudorese il rito di S’Iscravamentu

11 marzo 2016
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TEMPIO. L’episcopio di Tempio ha ospitato fra le sue mura, la Confraternita di Santa Croce di Bortigiadas, che, prima assoluta in Sardegna ad operare questa scelta, ha presentato al vescovo di Tempio, monsignor Sebastiano Sanguinetti, per la legittimazione ufficiale, il proprio statuto, scritto in stretto idioma bortigiadese.

Rigorosa ricerca. «Tutto - spiega il parroco del paese, don Francesco Tamponi -, ha avuto inizio circa cinque anni fa, quando la confraternita, ricostituita dopo 40 anni e tra le più antiche della Gallura, ha messo mano allo statuto, scrivendolo in bortigiadese. “Lingua” con la quale celebriamo i riti della settimana Santa e che ci piacerebbe estendere all’intera liturgia. E’ stato un lavoro lungo, eseguito dai confratelli e dalle consorelle con molto impegno e una rigorosa ricerca dei termini. Il vescovo era ovviamente informato del fatto edoggi con l’apposizione della sua firma e del suo timbro vescovile lo Statuto è stato approvato. L’eccezionalità - spiega ancora don Francesco Tamponi -, deriva anche dal fatto che la Confraternita di Santa Croce, è la prima in Sardegna ad avere ottenuto l’assenso ad un testo di questo tipo».

Impegno del Vescovo. Soddisfatto anche il vescovo Sanguinetti, neo delegato ai Beni culturali ed edilizia di culto dalla Conferenza Episcopale Sarda. «Spero - ha detto fra le altre cose Sanguinetti -, di riuscire nel mio mandato a fare entrare a pieno titolo la nostra lingua nella liturgia».

Venerdì Santo in Limba. Sanguinetti, che pur non usandolo spesso per ovvie ragioni di lontananza dal suo paese di origine, afferma di essere un cultore del logudorese, nella variante lulese, rivela che quest’anno, proprio in logudorese illustrerà a Olbia, S’Iscravamentu nella giornata del venerdì santo.

Disputa lontana. Il placet del vescovo allo statuto bortigiadese riporta d’attualità le dispute sull’uso delle lingue dell’isola nella liturgia. Una disputa apertasi, per così dire, nel 1995 con la clamorosa decisione di don Francesco Tamponi, allora parroco di Bulzi, che il giorno della festa patronale, dismettendo i paramenti cerimoniali di fronte al vescovo di Tempio Paolo Atzei, rassegnò le dimissioni da parroco per protesta contro il vescovo che non aveva consentito al paese, ( che si era preparato per mesi a quell’evento sacro), di pregare in bulzese.

Fallimenti. Da allora la questione, ancora oggi insoluta, è passata attraverso mille esperimenti ed altrettanti fallimenti. Da quello del governatore Soru con la sua ormai dimenticata “Lingua marmellata”, all’allora assessore regionale della pubblica istruzione, Maria Lucia Baire, o all’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani, con le loro inutili commissioni o ai goffi tentativi della Consulta del Gallurese, invitata una volta proprio da don Francesco Tamponi, studioso delle materia, a “scendere dalla torre eburnea nella quale si erano rinchiusi”.

Lungo Tragitto. «Penso che la strada da percorrere per arrivare all’uso del logudorese, del campidanese o del gallurese, ( lingue accettate come tali dalla Chiesa), sia ancora lunga. Occorre lavorare seriamente e mettersi all’opera per arrivare alla difficile traduzione che deve essere eseguita con rigore filologico, attingendo esclusivamente dalla “Editio Typica del Missale Romanum”. Il messale cioè approvato dalla Chiesa che contiene in lingua latina il testo ufficiale della liturgia.

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