Traffico di eroina e cocaina dall’Albania, parla la difesa
Prosegue il processo per associazione a delinquere: fra gli imputati l’ex consigliere regionale Giovanni Satta
Olbia «Simone Canu conosceva sicuramente i fratelli Eugert e Cleton Bici, sapeva del carico di droga che doveva arrivare a Olbia ma non c’è stata una sua partecipazione, lui non aveva alcun ruolo. Non era al vertice dell’organizzazione. Era solo un potenziale acquirente di cocaina come tanti altri. Era un ragazzino appeso alle gonnelle di chi decideva». È proseguito oggi 7 maggio con l’arringa difensiva dell’avvocata Donatella Corronciu e di altri difensori, il processo che vede imputati con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, l’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Buddusò Giovanni Satta, l’olbiese Simone Canu, Giovanni Battista Pira, di Orune, Gino Mureddu, di Olbia, Nicola Salvatore Pinna, di Sassari, e Alexandru Dughila, romeno. Per tutti il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari, Rossana Allieri, aveva chiesto condanne pesanti, dagli otto ai dieci anni di reclusione.
Dopo la difesa di Satta, ieri è toccato a quella di Simone Canu. Stando alle accuse della Dda, l’olbiese – per il quale è stata chiesta la condanna più alta – era al vertice dell’organizzazione, insieme ai fratelli Bici, considerati a capo della banda sardo albanese. Canu avrebbe collaborato attivamente nella fase organizzativa di acquisto delle partite di stupefacente, tenuto i contatti con i corrieri e messo in atto spedizioni punitive per allontanare i concorrenti del traffico illecito. Era finito nel mirino degli investigatori nel novembre 2013 dopo un viaggio in Albania ed era stato raggiunto da un provvedimento di fermo nel febbraio 2014 in seguito a un sequestro di 17 chili di droga, tra eroina e cocaina. Nella sua arringa difensiva, l’avvocata Donatella Corronciu che assiste Simone Canu insieme all’avvocato Angelo Merlini, ha argomentato a lungo sull’insussistenza del reato associativo e sul fatto che Canu non ricoprisse alcun ruolo nel sodalizio. Non c’è prova che abbia collaborato per organizzare l’arrivo in città di quel carico di droga e di altri di cui viene accusato, ha sostenuto. «Le sue erano solo chiacchiere», ha detto riferendosi alle numerose intercettazioni telefoniche agli atti del processo, con i dialoghi tra lui i fratelli Bici. «È innegabile che fosse a conoscenza di ciò che facevano, ma non c’è prova che lui abbia partecipato».
L’udienza è proseguita con l’arringa difensiva dell’avvocato Giommaria Uggias che assiste Alexandru Dughila, ritenuto il braccio destro dei fratelli Bici. Il legale ha esaminato e smontato una per una le accuse che vengono mosse all’imputato. A cominciare da un presunto viaggio in Olanda che, secondo le accuse, era stato organizzato per acquistare una partita di droga. Il legale ha dimostrato, con intercettazioni alla mano, che non c’è stato nessun acquisto di biglietti, come sostenuto dal pubblico ministero. Così come ha dimostrato, sempre attraverso le intercettazioni, che nessun riferimento alla vicenda della droga era stato fatto nei colloqui tra Dughila e la persona che stava accompagnando ad Alghero e che doveva portare i soldi dell’acquisto della cocaina, a dimostrazione, appunto, che non c’era nessun coinvolgimento del suo assistito nella vicenda. E che il nome “Alex” che il pm attribuisce a lui, trovato nell’agenda contabile sequestrata ai fratelli Bici, poteva riferirsi ad almeno altri quattro Alex o Alessandro che compaiono nell’indagine e che potevano essere i possibili acquirenti della droga. La discussione degli altri difensori proseguirà il 21 maggio. La sentenza è attesa per il 4 giugno. (t.s.)