Olbia, dal panico sulla strada all’utilizzo del taser: ecco come è morto Gianpaolo Demartis
Alcuni abitanti raccontano quei momenti di paura sino all’arrivo dei carabinieri in via San Michele
Olbia «Abbiamo avuto una paura immensa. C’era il panico per la strada, le urla, poi l’arrivo dei carabinieri». Via San Michele è ancora scossa. Gli abitanti faticano a riprendersi. Non vogliono parlare, ma non possono cancellare dai loro occhi quella scena, improvvisa e terribile.
È sabato sera (16 agosto), sono le 20.30, e in questa tranquilla traversa di via Barcellona, nella zona ovest di Olbia, tutto sembra filare via come sempre. Una serata d’estate, qualche luce già accesa nelle case, il vociare sommesso dei bambini, i panni stesi che ondeggiano appena. Poi, di colpo, le grida. A urlare è Gianpaolo Demartis, 57 anni, originario di Bultei, da poco trasferitosi in una casa al piano terra di quella via, al numero 27. È completamente fuori controllo. Corre avanti e indietro per la strada, urla, sbraita, minaccia i vicini. Come se fosse in preda a un delirio. Scavalca muretti, si infila nei cortili, poi torna in mezzo alla strada. Corre ancora, grida più forte, semina il panico.
In pochi minuti la strada si riempie. La gente sente le urla e si affaccia ai balconi, qualcuno si avvicina, altri restano dietro i cancelli. C’è confusione, si cerca di capire. I residenti si guardano tra loro, increduli, chiedendosi cosa stia succedendo. Alle 20.40 arrivano i carabinieri. Intervengono rapidamente, ma con prudenza. Cercano innanzitutto di calmare l’uomo, lo chiamano, tentano di avvicinarsi a lui, gli parlano con tono fermo ma pacato. Fanno il possibile per tranquillizzarlo. Ma lui non risponde. È sempre più agitato, cerca di scappare, urla frasi sconnesse. Poi si scaglia all’improvviso contro uno dei militari, un capopattuglia, lo colpisce al volto, ferendolo sopra un sopracciglio. I militari provano ancora a calmare Gianpaolo Demartis. Inutile. Allora un altro carabiniere per tre volte lo chiama, lo avvisa e poi usa il taser. Sia lui che il capopattuglia ferito – trasportato al pronto soccorso e sottoposto a una tac - verranno indagati per omicidio colposo. Gianpaolo Demartis cade sull’asfalto. Resta anche una chiazza di sangue. Arriva l’ambulanza alle 20,45 e il personale del 118 adagia l’uomo su una barella: ma appena lo fa, va in arresto cardiaco. I soccorritori provano a rianimarlo più volte, anche durante il trasporto verso l’ospedale Giovanni Paolo II. Niente, il cuore non riparte. Alle 21.15 arriva al pronto soccorso, ma era già morto.
In via San Michele resta solo il silenzio. Una strada ordinata, pulita, tranquilla. Una strada dove, come dicono i residenti, «non è mai successo niente di grave». È una zona residenziale dove la gente si conosce, dove tutto, fino a sabato sera, sembrava avvolto da una quiete mai interrotta. Ora però ci sono occhi spaventati dietro le tende e parole sussurrate a mezza voce. Una signora anziana, avvicinandosi al cancello con passo lento, riesce a dire solo poche parole: «No, non ho nulla da dire, sono ancora terrorizzata». Chi aveva avuto modo di incrociare Gianpaolo Demartis, lo descrive come un uomo tranquillo, che si muoveva in bicicletta perché non aveva un’auto. «Lo avevamo visto un paio di volte - racconta un vicino – mentre curava con attenzione un gatto. Sembrava gentile». Per questo quando ha cominciato a urlare in molti sono rimasti pietrificati, scioccati. Qualcuno aggiunge che forse aveva problemi, ma nessuno sa dare spiegazioni certe. Gianpaolo Demartis era arrivato da poco in città, prima aveva vissuto per un periodo a Sassari, e si vedeva ogni tanto pedalare oppure stendere la biancheria. Sino a sabato sera, quando è andato in escandescenze scatenando il panico.
La paura è stata così forte che nessuno pare aver avuto la lucidità - o il coraggio - di riprendere con il telefono quanto accadeva. Se immagini o video esistono, sarebbero già stati consegnati agli investigatori, che adesso cercano di ricostruire ogni istante di quei minuti drammatici. I residenti, intanto, rimangono in silenzio, in attesa di capire, di dimenticare. Anche se, come ha detto una donna, «certe scene non si possono scordare facilmente».