«Il mio unico pensiero era la droga, da quando avevo 14 anni. Ho chiesto aiuto e sono riuscito a dire basta» – La storia di Marco
Il suo percorso di recupero è legato all’associazione Narcotici anonimi di Olbia: «Ora ho 32 anni e da più di due sono pulito»
Olbia La vita stretta nella morsa della droga. L’unico pensiero era trovarla a tutti i costi e assumerla. Anche se ciò significava spacciare, rischiare di finire in carcere, indebitarsi fino al collo. Un nemico subdolo che distrugge le relazioni e gli affetti, che annienta la capacità di reagire. Che trascina l’esistenza verso un lento suicidio. «In un mese avevo speso 12mila euro per comprarmi la cocaina. In quel periodo ho toccato il fondo, è stato allora che ho chiesto aiuto a mia madre. Non potevo più andare avanti così. Non sapevo più cosa fosse la normalità. Il mio unico pensiero era drogarmi».
Da oltre due anni, Marco è pulito. Ha cominciato quando aveva 14 anni. E da allora tutto è andato in crescendo. Adesso di anni ne ha 32, vissuti in parte a Cagliari e in parte a Olbia. Il suo percorso di recupero, che continua costantemente, è legato all’associazione Narcotici anonimi che dal 2019 opera anche in città (oltre che nel capoluogo, dal 2013). Una realtà che si basa sull’aiuto reciproco. «Quando ho iniziato a drogarmi pensavo di poter controllare la dipendenza: assumevo gli stupefacenti nel fine settimana con i miei amici: prima fumo, poi, cocaina. Col passare del tempo, l’uso è diventato sempre più frequente, tre, quattro volte la settimana. Appena avevo in tasca 50 euro andavo a comprarla. Ho cercato di smettere diverse volte, ma quando interrompevo, bevevo, senza capire che non c’era nessuna differenza tra droga e alcol. Che anche quella era una dipendenza. Spendevo tutto lo stipendio per comprare la cocaina. A un certo punto i soldi non bastavano più e ho iniziato a chiedere prestiti alla banca, mi sono indebitato per 40mila euro. Ho venduto il mio oro e tutto ciò che potevo vendere per avere soldi. Ma non bastavano mai. Ho iniziato anche a spacciare. Qui a Olbia avevo il mio giro. Sono stato anche arrestato due volte. Nella droga cercavo la libertà, ma non capivo che quella era una prigione. La libertà è ora».
Marco racconta gli effetti devastanti della dipendenza. «La cocaina mi faceva sentire onnipotente, immortale. Sfidavo continuamente la vita anche quando ero in strada, in sella alla mia moto, correndo e non rispettando le regole. Andavo a lavorare senza aver chiuso occhio per diversi giorni. Non avevo più il controllo su nulla, non stavo vivendo più. Sono finito in un vortice dove ciò che contava era solo trovare la cocaina. Ho cominciato a desiderare la morte: non riuscivo a fermarmi, non mi amavo, non avevo più speranze, e vedevo la morte come l’unica soluzione per mettere fine a tutto. Andavo a dormire con un mix in corpo di sonniferi e droga sperando di non svegliarmi».
Il 30 settembre del 2023 è una data che Marco porta impressa nel cuore e nell’animo. È lo spartiacque tra la dipendenza e la decisione di voler vivere senza. «Avevo chiesto aiuto a mia madre e tramite delle conoscenze siamo arrivati all’associazione Narcotici anonimi. Quel giorno, si svolgeva la prima convention in Sardegna, a Orosei, e ci sono andato. Avevo assunto cocaina fino alle 4 del mattino. Quella è stata l’ultima volta che l’ho fatto. Da due anni, un mese e 24 giorni sono pulito».
L’incontro con la fratellanza di Narcotici anonimi ha riacceso in lui la speranza di poter riprendere in mano la propria vita. «È scattato dentro di me qualcosa, non so spiegare cosa, ma è emerso forte il desiderio di smettere – spiega Marco –. Sentivo gli altri parlare, raccontare la loro vita ed era come se stessero raccontando la mia. Mi sono sentito capito, accolto e amato senza giudizio, eravamo tutti sulla stessa barca. Non mi sentivo più solo».
E questo è il principio su cui si fonda l’associazione. Che chiede un solo requisito a chi vuole entrare a farne parte: il desiderio di smettere di usare droghe. «Nel gruppo si condividono i problemi sapendo che chi ti ascolta li conosce bene perché li ha vissuti in prima persona. E spesso ha attraversato momenti anche peggiori dei tuoi. Ci aiutiamo l’uno con l’altro a rimanere puliti», dice ancora Marco. Il cammino non è certamente semplice ma la rete che si crea attorno aiuta a scongiurare le cadute. «Ricordo che un giorno mio padre è entrato nella mia stanza piangendo. Mi ha detto “ti prego smettila, altrimenti morirò dal dispiacere”. Ora mi guarda e mi dice “sei il mio orgoglio”. E per me sapere che adesso possono contare sul proprio figlio, è bellissimo».
