La Nuova Sardegna

L'influenza non si cura con l'omeopatia

Eugenia Tognotti
L'influenza non si cura con l'omeopatia

Inquietano le implicazioni che potrebbe avere per la salute pubblica la sostituzione del vaccino con lo pseudo vaccino "alternativo"

07 dicembre 2019
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Puntuali come la stagione influenzale, sono tornati alla ribalta - in rete e non solo - i martellanti messaggi promozionali sull'alternativa omeopatica al vaccino antinfluenzale, Influenzinum, il cui nome sembra evocare lievità, semplicità. Ma non efficacia, ahimè, mentre entra nel vivo, anche a Sassari, come ha documentato questo giornale, la campagna per la vaccinazione del personale sanitario, a contatto con i più fragili. Inquietano, e non poco, - tanto che se ne è occupata, qualche giorno fa, anche la trasmissione Piazza pulita - le implicazioni che potrebbe avere per la salute pubblica la possibilità che le sirene della medicina alternativa facciano breccia, convincendo, in particolare i soggetti a rischio a sostituire la pratica della vaccinazione antinfluenzale - la più potente (e unica) arma disponibile - col pseudo vaccino omeopatico. Per avere un'idea degli effetti decantati è utile una ricognizione, pur rapida, tra i diversi store online, che propongono prodotti in varie formulazioni. Comune denominatore la confusione. Si va da "medicinale omeopatico utilizzato per la prevenzione delle forme para influenzali e influenza nei periodi freddi dell'anno" al "vaccino omeopatico diluito e dinamizzato, disponibile dal 15 ottobre di ogni anno, utile per la profilassi antinfluenzale".

E, ancora, dal "rimedio omeopatico per adulti e bambini" al "medicinale omeopatico derivato da ceppi virali correlati alle epidemie influenzali degli anni precedenti". Ora, su quella che è la più antica e diffusa delle medicine alternative, l'omeopatia, non esistono, è fin troppo noto, prove scientifiche, quelle, per intenderci che nella Medicina "ortodossa", per così dire, ci dicono cosa può uccidere, danneggiare o guarire. E, infatti, non ci sono prove negli studi clinici di effetti che vadano al di là dell'effetto placebo. Un "vaccino omeopatico" non può combattere i virus influenzali, dato che non contiene nessun principio attivo. Uno dei principi cardine dell'omeopatia è infatti quello della diluizione infinitesimale di quest'ultimo, così spinta che nel "medicinale" omeopatico non c'è neppure una molecola: più la dose è diluita più la cura sarebbe efficace. Inutile, dunque, tornare su una semplice verità: il trattamento omeopatico non ha nessuna efficacia, tanto che la legge impone, "stampigliata in modo visibile", la scritta "medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate". Ciascuno, naturalmente, in nome della libertà (di cura o non cura) è libero di ricorrere ai medicinali omeopatici e nessuno chiede, credo, che se ne proibisca lo smercio e l'uso. Ma perché, privi come sono delle evidenze scientifiche a supporto, sono venduti nelle farmacie, legittimando in qualche modo la convinzione che si tratti di veri e propri farmaci, efficaci, salvo poi negarne il rimborso da parte del SSN? Il rischio che la generale diffidenza verso i vaccini, di dimostrata efficacia, spinga verso l'alternativa omeopatica esiste e nasconde il pericolo di una maggiore diffusione del virus influenzale. Di poche malattie, come l'influenza conosciamo così bene l'andamento, i ritmi, a partire dal Medioevo, l'origine e l'evoluzione fino ai giorni nostri.

Oggi l'influenza - così chiamata dagli antichi perché ritenuta frutto del maligno influsso degli astri e della loro sfavorevole congiunzione - non ha più segreti, come l'evoluzione dei ceppi del virus, spiata da una rete mondiale di spionaggio che lavora dietro le quinte e coinvolge un numero impressionante di laboratori sparsi nel mondo. Una task force da cui vengono le indicazioni per la composizione del vaccino antinfluenzale, l'arma su cui si basa la poderosa controffensiva contro l'influenza: che, a dispetto dei progressi della conoscenza, delle risorse terapeutiche, del miglioramento della sorveglianza e della prevenzione, occupa un posto nient'affatto secondario tra le patologie infettive, tanto da rappresentare la terza causa di morte in Italia e da contribuire in maniera rilevante - senza considerare i costi indiretti e diretti - alla spesa sanitaria.

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