La Nuova Sardegna

Coronavirus, digitali e verdi: ecco le città del "dopo"

Roberto Furesi e Pietro Pulina
I giardini di via Montello a Sassari
I giardini di via Montello a Sassari

Alle istituzioni spetterà riprogrammare gli spazi per soddisfare le esigenze differenti

05 aprile 2020
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In questi giorni di emergenza che ci costringono ad esperienze mai vissute per drammaticità e per coinvolgimento collettivo e personale, appare normale proiettarsi nella dimensione del “dopo”. Come muteranno le relazioni personali, cosa cambierà nella scala delle priorità, cosa si aspetterà ognuno di noi dagli altri, dal governo e dalle istituzioni? Gli esperti di scienze sociali e comportamentali prefigurano scenari estremi, dominati da prudenza, timori di nuove recrudescenze del fenomeno pandemico, rarefazione dei contatti tra le persone. Lo stesso invito, più o meno esplicito, a segnalare atteggiamenti potenzialmente dannosi per la collettività induce a ritenere plausibile un futuro in cui la fiducia nel prossimo, fondamentale per dare forza al senso di comunità, necessiti di nuove e più solide basi per la sua ricostruzione.

L’attuale crisi ha collocato al centro dell’attenzione alcuni fattori che sono destinati ad avere un peso determinante anche “dopo” il dramma Covid-19. Il primo, è il ruolo dell’autorità pubblica come istituzione non surrogabile nell’assumere decisioni a garanzia della salute e della sicurezza dei cittadini. Pur con tutti gli errori e le criticità che ci segnala la cronaca, l’azione del governo, delle regioni e dei sindaci si dimostra il miglior sistema organizzato nel tutelare la salute dei cittadini, nel distribuire le necessarie risorse e nel sostenere le strutture colpite dalla crisi. D’altra parte, anche gli Usa, sebbene abbiano un sistema sanitario dominato dal mercato, non hanno esitato ad affrontare l’epidemia con un forte intervento pubblico. L’attenzione nei confronti della funzione delle istituzioni porterà probabilmente a un riavvicinamento dei cittadini alla politica, a condizione di poter contare su una classe di decisori dotata di sufficiente competenza e sensibilità.

Un altro fattore di assoluta rilevanza in questi giorni di isolamento è rappresentato dalle risorse digitali, ovvero dalle autostrade di fibra ottica e dai portali di intrattenimento, didattica e socialità, che hanno consentito alle famiglie, alle amministrazioni e a molte imprese di rimanere connesse col mondo e limitare i danni dell’immobilità forzata. L’attuale fase di sviluppo dell’economia digitale, giunta ormai al quarto stadio, consente di garantire connessioni anche tra gli oggetti, contribuendo alla diffusione di sistemi intelligenti e più efficienti. Il “dopo” Coronavirus non potrà non passare anche attraverso un massiccio incremento degli investimenti in questi settori.

Un terzo fattore che la pandemia ha portato alla luce è il rapporto con l’ambiente. Al di là degli scenari apocalittici e di nemesi divina evocati da chi cerca notorietà con argomentazioni di facile presa, le scene degli animali che si riappropriano degli spazi urbani mostrano quanto sia errata l’idea di segregazione e sopraffazione cui si sono finora ispirate la conquista e la gestione degli spazi nei quali la specie umana conduce la propria vita.

E qui giungiamo all’ultimo aspetto che la crisi epidemica ricolloca nella scala dei valori collettivi: la città, intesa come spazio in cui vivere la rinascita delle relazioni sociali. In questo spazio dovranno rimodularsi i ritmi quotidiani, le attività produttive, le convivenze e le connessioni attraverso nuove modalità che dovranno coniugare la nuova prudenza con le vecchie consuetudini. La nuova città del “dopo” dovrà essere più accogliente, a misura del singolo e delle nuove distanze relazionali, in grado di rassicurare i cittadini senza pregiudicare la qualità dei rapporti sociali ed economici che alimenteranno i valori delle comunità. E sarà la città del “dopo” a fare da sfondo ai nuovi ruoli che la collettività assegnerà all’economia digitale e all’ambiente. Una città “intelligente” e “verde”, i cui spazi saranno gestiti con tecnologie adeguate ai nuovi standard di qualità della vita e di sicurezza sociale e dovranno necessariamente dotarsi di una maggiore copertura alberata e di parchi e giardini. La collettività guarderà con attenzione, senza fare sconti ma con rinnovati interesse e coinvolgimento, alla programmazione e all’amministrazione degli spazi urbani così concepiti. Starà alla politica rivelarsi all’altezza del compito.

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