La Nuova Sardegna

Stesso mare, stessa spiaggia: ma chissà quando

Eugenia Tognotti
La Pelosa
La Pelosa

Aspettiamo l'estate senza un quadro di certezze e di omogeneità sull'apertura dei litorali e norme valide per tutte le località come chiede il sindacato balneari

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Dovremo forse dare una frenata alle aspettative sull'estate e sulle vacanze, dopo la primavera rubata dal coronavirus e ancora nel pieno dell'interminabile lockdown. Di fronte alla babele di anticipazioni sul quando, sul come, e a quali condizioni di sicurezza potremo andare al mare quando, finalmente, arriverà la Fase 2, "non v'è certezza". Lasciando da parte la confusione delle ordinanze delle varie regioni, circa i tempi e le modalità della riapertura, siamo fermi a generiche affermazioni di parte politica. Ci muoviamo tra la gelida e poco rassicurante raccomandazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a non precipitarsi a prenotare le vacanze e lo scenario evocato della sottosegretaria al ministero della Cultura e del turismo, Lorenza Bonaccorsi che ha parlato "di un turismo domestico, di piccoli spostamenti". Insomma, stessa spiaggia, stesso mare (o quasi), si potrebbe dire, ricordando, persino con nostalgia, il ritornello di una popolare canzone che ha dominato calde estati del passato, felicemente lontane dalle minacce pandemiche globali che hanno segnato una cesura nella nostra vita individuale e collettiva.

Occorrerà aspettare cosa decideranno gli "esperti" che affiancano protezione civile, ministri e vice ministri, funzionari e dirigenti in quanto membri chiamati a far parte di innumerevoli commissioni tecnico scientifiche, task force specifiche per vari ambiti, cabine di regia, tavoli vari, che si diramano dal Centro alla periferia, dal governo alle regioni, dai ministri ai governatori. Una sovrabbondanza di organismi, nati dopo l'aggressione del Covid-19, che in poche settimane ha fatto entrare in scena una sorta di "tecnocrazia" che sta regolando la nostra vita collettiva e preparando la transizione sicura da pandemia ad endemia. Nella drammatica crisi che stiamo attraversando, le istituzioni hanno attribuito a tecnici ed esperti, in quanto detentori di competenze, capacità e conoscenze, poteri di decisione nelle scelte che riguardano la lotta al virus e la gestione della drammatica emergenza sanitaria, oltre nelle politiche in vari campi, dall'economia all'istruzione (della riapertura delle scuole a settembre si occuperà, ad esempio, una task force apposita, formata da pedagogisti, psicologi dell'età evolutiva, tecnici dell'apprendimento, esperti di politica scolastica, esperti del mondo digitale).Ci sarà tempo per riflettere più distesamente su questo fenomeno.

Ma, intanto, la considerazione acquisita dalla competenza tecnica sotto la minaccia del coronavirus e la fiducia nella scienza sono fatti da salutare con compiacimento. Per quanto riguarda le nostre vacanze, e specificamente l'accesso alle spiagge - off limits qui in Sardegna fino al 3 maggio - non resta che attendere le soluzioni allo studio degli esperti dei ministeri della salute e del turismo. Nelle prime anticipazioni si parla di sanificazione delle attrezzature e di distanziamento degli ombrelloni in spiagge anticontagio. Le proposte di alcuni operatori turistici di separatori in plexiglass e di tunnel igienizzanti con erogatori lungo le pedane che spruzzano sui bagnanti soluzioni disinfettanti sono state accolte quasi con orrore e giustificate con la disperazione che spinge a inventare soluzioni capaci di allontanare, almeno in parte, lo spettro della crisi. Aspettando l'estate, credo che non sia realistico sperare in un quadro di certezze e di omogeneità sull'apertura delle spiagge e norme da "Italia unita" , valide per tutte le località di mare, come chiede, giustamente, il sindacato balneari. Così come non c'è da illudersi che, in questo e in altri ambiti, regioni e comuni non si muovano in ordine sparso. E' di queste ore la dichiarazione del governatore della Campania che ha minacciato di impedire l'accesso a quella regione a gente proveniente dai territori in lotta con il Covid-19. Sembra di essere nell'Italia preunitaria, durante il colera del 1835-36, quando il re di Napoli, temendo che l'epidemia viaggiasse verso il sud, sigillò i confini, stabilendo un cordone sanitario formato da picchetti di fanteria, dalle foci del Volturno a quelle del Sarno.

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