La Nuova Sardegna

Stati Uniti

Sentenza Usa antiaborto e difesa dei diritti

Carla Bassu
Sentenza Usa antiaborto e difesa dei diritti

Caos giuridico dopo la pronuncia della Corte Suprema - IL COMMENTO

02 luglio 2022
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La sentenza con cui la Corte Suprema USA ha contraddetto il celebre precedente Roe v. Wade che ancorava alla privacy il diritto di interruzione di gravidanza, stabilendo un limite alla ingerenza pubblica nella sfera di autodeterminazione individuale delle donne ha scosso l’opinione pubblica internazionale. La notizia, giunta dopo la di per sé eclatante indiscrezione su una bozza di opinione del giudice Alito che rivelava l’intenzione della Corte, si colloca in buona compagnia alla voce «tutto può succedere» insieme con l’annuncio di Brexit, la pandemia e qualche surreale esito elettorale. Dovremmo essere dunque abituati a eventi imponderabili che incidono sulla integrità della sfera dei diritti che credevamo perfetta e inscalfibile perché protetta dallo scudo di democrazie consolidate ma continuiamo a stupirci.

Con riguardo alla pronuncia della Corte Suprema, senza volerne in alcun modo sminuire la portata, mi soffermo sul dato tecnico per specificare che si tratta di una decisione di impatto soprattutto dal punto di vista del modello di federalismo e della interpretazione dello stare decisis nel sistema di common law. La Corte invia un segnale potente a favore del riconoscimento agli Stati di ampia scelta discrezionale anche rispetto a diritti individuali che da più di 50 anni erano riconosciuti a livello federale. Ancora, rileva il ricorso all’overruling – una delle possibilità previste nel common law per superare il precedente vincolante – che ha consentito di ribaltare la posizione assunta in precedenza.

E i diritti delle donne? L’autodeterminazione? L’aborto? Fermandosi al dato formale, fatta eccezione per alcuni opinabili giudizi di valore rispetto alla interruzione di gravidanza, la Corte non fa perno sul diritto sostanziale di scelta delle donne sul proprio corpo anche se – a tutti gli effetti – è questo che rischia di essere compromesso in larga parte del territorio nazionale, in cui norme restrittive sono già in atto o in procinto di entrare in vigore. Le riflessioni suscitate da questa e altre recenti pronunce sono molte, a partire dal grado di politicizzazione e polarizzazione del vertice del sistema giudiziario USA. Ci si interroga sull’opportunità di rivedere il meccanismo di nomina, composizione e durata dei giudici supremi; sulla strumentalizzazione dei casi giudiziari; sulla valorizzazione dell’autonomia statale in controtendenza rispetto al passato, soprattutto con riguardo ai diritti; sulla separazione dei poteri. Torna alla mente un libro di Robert Dahl: «How democratic is the American Constitution?» chiede l’autore dalla copertina e rispondere oggi più che mai si rivela difficile e amaro, perché la stessa domanda può essere estesa a tutte le democrazie stabilizzate.

La tentazione di lasciarsi trascinare dal disfattismo, raffigurando scenari apocalittici di crisi e regressione democratica, c’è. Ma un’analisi lucida e prospettica rivela il segreto della democrazia americana che vive e resiste grazie all’articolato sistema di pesi e contrappesi che consentono ai poteri pubblici di controllarsi e limitarsi a vicenda. La lezione che traiamo è che i diritti non sono conquiste ottenute una volta per sempre. La libertà, come tutto nella vita, va curata, coltivata, monitorata e protetta affinché possa conservarsi integra e perpetuarsi. Le prerogative individuali e collettive che oggi diamo per scontate sono il frutto di lotte strenue combattute dalle generazioni che ci hanno preceduto e abbiamo il dovere e la responsabilità di attivarci per preservarle intatte e potenziarle ulteriormente.

I mezzi ci sono e passano attraverso la partecipazione politica. È innegabile che la sentenza in commento assesta un duro colpo ai diritti delle donne ma non è una ferita mortale. La Corte Suprema, smentendo Roe v. Wade, ha sbarrato una strada ma il diritto alla autodeterminazione delle donne, anche rispetto alla gravidanza, può passare dalla porta principale, ovvero quella del Congresso federale, e i rappresentanti hanno l’opportunità di elaborare una normativa organica e garantista. L’indignazione che spontaneamente e trasversalmente è stata espressa da larghe fasce di popolazione rispetto alla decisione della Corte Suprema non è fine a sé stessa ma dovrebbe canalizzarsi in pressione politica da esercitarsi a partire dalle urne elettorali. I diritti si rivendicano, si pretendono, si normano. Non ci sono diritti senza partecipazione.

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