La Nuova Sardegna

Il commento

Alle urne per fermare la deriva

Luca Rojch
Alle urne per fermare la deriva

Con il voto si può fare una scelta tra chi fa dei principi democratici un caposaldo e chi invece sostiene regimi autocratici

24 settembre 2022
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Centrifugati nella lavatrice della storia. I sardi devono riempire le urne post pandemiche e post belliche con il loro voto. La scelta che determinerà il prossimo governo ha un peso particolare. La Sardegna passeggia sull’orlo di un baratro socioeconomico. Perde abitanti, perde Pil, perde peso nel parlamento dopo la geniale scelta di ridurre onorevoli e senatori. Assottigliare la democrazia, nebulizzare la propria esistenza porterà le questioni sarde ancora di più alla periferia del dibattito politico. Il peso nebbia dei parlamentari sardi si è osservato in vertenze cruciali, dal fallimento di Air Italy, mentre si salvava Alitalia pompando milioni di euro, alla assenza della Sardegna nel piano delle Ferrovie, al ruolo marginale dell’isola nelle risorse del Pnrr, alla inesistenza di un piano dei trasporti che consenta ai sardi di non restare intrappolati dentro la loro isola. L’elenco potrebbe essere sterminato, molto più lungo dello spazio consentito da un articolo. Anche per questo in questa campagna elettorale sprint fatta sotto gli ombrelloni i candidati isolani non sono riusciti neanche a esporre la loro merce. L’offerta speciale, acchiappavoto. Tutti hanno rimasticato i temi nazionali: dalla paura del grande freddo, alla colla magica Pnrr capace di riparare qualsiasi cosa. Per finire col gommone dell’insularità su cui tutti i partiti sono saliti. Un’imbarcazione che affonderà in fretta. Somiglia per ora a una scatola dall’aspetto accattivante, ma piena solo di retorica.

L’Italia è un paese che affonda, e la Sardegna è già sott’acqua. A leggere i numeri l’economia dell’isola, già gracile e arretrata, non è mai guarita dalla pandemia. Un’impresa su tre ha ridotto i dipendenti, le esportazioni sono diminuite del 40 per cento negli anni di covid. Il reddito pro capite nel 2020 è calato del 9,7 per cento, dato superiore alla media del Mezzogiorno. E il Pil per abitante nel 2019 era il 69% della media europea, dato che pone la Sardegna al 147esimo posto su 240 regioni dell’Ue. Numeri che da soli basterebbero a raccontare la necrosi del tessuto economico. Il covid ha desertificato l’isola che produce, sabbia in un motore che già girava lento.

La Regione non sembra in grado di uscire da sola dal guado, il governo dovrà cambiare passo ed essere più attento nei confronti della Sardegna e delle sue istanze. Emergenze che possono essere superate solo attraverso interventi strutturali. Ma c’è anche un’altra battaglia che si gioca dentro le urne. È la scelta tra chi pone l’Italia tra i paesi europei che fanno dei principi democratici e dei diritti dei suoi cittadini un caposaldo e chi invece sostiene regimi autocratici che calpestano le libertà fondamentali. Non si può pensare a un’Italia che si schieri accanto ai Paesi sovranisti, a politici come Viktor Orban. Chi vuole governare l’Italia ne deve rispettare la tradizione democratica e libertaria.

Il sovranismo in questi anni è stato il carburante del consenso di Lega e Fratelli d’Italia, e in parte anche dei 5 Stelle, ma guidare un Paese significa difenderne i valori garantiti dalla sua Costituzione. Il presidente Sergio Mattarella dovrà vigilare anche su questi aspetti. E gli elettori non potranno ignorare il peso di queste scelte. E forse anche per questo è importante andare a votare. Per essere protagonisti di un momento storico per il nostro Paese e per la Sardegna, da qui può ripartire la rinascita dopo la pandemia e il rischio della guerra che potrebbe sconvolgere il mondo.

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