La Nuova Sardegna

Sanità

Pari opportunità di cura per i talassemici

Eugenia Tognotti
Pari opportunità di cura per i talassemici

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C’è un bisogno di cura più indilazionabile, urgente, vitale – nel vero senso della parola - di quella del sangue per i talassemici, il cui sangue non produce abbastanza emoglobina, la molecola organica che si trova nei globuli rossi del sangue e che trasporta l'ossigeno ai tessuti?  

E c’è, c’è mai stata, un’urgenza più forte – qui in Sardegna – di quella di assicurare le riserve del prezioso sangue per i talassemici grandi e piccoli? Oltre a quella di sopperire alle disfunzioni (nelle strutture e nell’organico) che costringono malati e famiglie ad affrontare l’interminabile e faticoso viaggio verso l’Ospedale Microcitemico di Cagliari per la periodica terapia trasfusionale salvavita?

Vengono subito in mente queste domande di fronte alla penosa vicenda del bambino talassemico di Olbia, costretto ad affrontare periodiche trasferte per le necessarie trasfusioni, un fatto riportato dagli organi d’informazione insieme alla veemente denuncia del responsabile dell’Avis della città gallurese che chiama in causa il direttore generale dell’Asl, dott. Marcello Acciaro. In mezzo la famiglia del piccolo che chiede solo di vedere riconosciuto e rispettato il diritto alla cura che non comporti il sacrificio di una migrazione da un capo all’altro dell’isola. Sullo sfondo un deficit di informazione/comunicazione e un antico vuoto di programmazione, a livello di sanità regionale.

Non mi soffermo sull’asprezza dei toni che risultano poco appropriati in una discussione in cui è in gioco un problema che chiama in causa tutti gli “attori” – a livello locale e centrale – della sanità locale e regionale. E che dovrebbe unire – piuttosto che dividere – due figure che si occupano dei cruciali bisogni di salute, sia pure con responsabilità e ruoli del tutto diversi – l’uno nella meritoria azione di volontariato nella raccolta del sangue, l’altro nel difficile compito di gestire una Asl. Ora: quali e quante responsabilità possono essere addebitate alla direzione aziendale della Asl Gallura per non aver predisposto, in quella veste, la possibilità di assicurare ai bambini la trasfusione di sangue, fermo restando il riferimento al Microcitemico di Cagliari, fondato nei primi anni ’70 dal pediatra e neurogenetista Antonio Cao?

C’è da dire che la procedura della trasfusione per i talassemici richiede una particolare attenzione e il coinvolgimento di un’équipe sanitaria con compiti e ruoli ben definiti. Olbia non è un centro di riferimento per la talassemia, cosa che implica specialismi, formazione, competenze e professionalità, presenti nelle sedi di Cagliari e Sassari. E, tuttavia, almeno la possibilità di effettuare la terapia trasfusionale ai piccoli pazienti talassemici c’era fino a qualche tempo fa, grazie alla disponibilità di una pediatra, ora trasferita. Sarebbe stato possibile – pur in presenza di annosi problemi di carenza di personale sanitario – mettere in piedi un apparato capace di far fronte alla domanda di cure che proviene dal territorio, al di là dello “stato di disagio” delle famiglie?

Non si sfugge all’impressione che uno sforzo congiunto da parte di tutti – avendo come faro l’umanizzazione delle cure, di queste cure – avrebbe potuto portare ad una soluzione. Resta in piedi la necessità, da parte della sanità regionale, di assicurare la continuità delle terapie trasfusionali e pari opportunità di cura ai talassemici, in qualunque angolo risiedono di quest’isola. Non è certo una malattia nuova la talassemia, dal nome greco “thalassa”, che nella mitologia rappresentava lo spirito del mare.

Per secoli l’anemia mediterranea, una delle malattie genetiche più studiate, ha flagellato le aree un tempo dominate dalla malaria. Gli enormi progressi nella conoscenza della cause e nel trattamento sostitutivo hanno reso possibile una vita (quasi) normale agli individui affetti da quelli patologia: grida vendetta che non sia messo in campo, da parte di tutti, ogni sforzo per renderla più facile e sana.
 

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