Continuità contro low cost, ormai vale solo il business
Il modello, identico da oltre 20 anni, sembra non rispondere più alle dinamiche del mercato
I bandi allo sbando. La psicotelenovela della continuità su Alghero diventa il simbolo dello stato di salute del sistema dei trasporti sardo. La Regione forse troverà una compagnia, tra Ita e Aeroitalia, disposta a volare dal Riviera del Corallo con una compensazione e nel periodo che va da febbraio a ottobre. In pratica l’arco dell’anno più ricco per le compagnie. L’ultima cartuccia d’oro usata dalla Regione non sembra essere bastata a convincere altri vettori a mettere i propri aerei su questa rotta. La realtà è che Ita lo fa perché indossa ancora l’abito etico della compagnia di bandiera, e Aeroitalia col suo rampantismo da giovane azienda volante cerca spazio sui cieli.
A preoccupare non deve essere che è difficile trovare compagnie disposte a volare su Alghero, ma come il modello di Continuità, identico da oltre 20 anni, sembri non rispondere più alle dinamiche del mercato. Il nodo non è lo scalo di Alghero, che ha avuto in questi mesi il numero maggiore di passeggeri che hanno viaggiato in continuità. Il Riviera del Corallo è meno appetibile perché la cifra per passeggero stanziata dalla Regione nel precedente bando era nettamente inferiore a quello degli altri due scali. In altre parole la colpa di Alghero è di avere fatto funzionare troppo i voli in continuità. Ma se le compagnie ignorano un’offerta in cui il rischio di impresa è bassissimo l’emergenza diventa il modello proposto. L’estate è il momento in cui con l’assalto dei turisti i voli viaggiano stracarichi con solo i biglietti dei residenti a prezzo calmierato. In teoria un affare d’oro per le compagnie, senza dover pensare ai mesi più freddi in cui le presenze crollano. La Regione dovrebbe pensare a un sistema di continuità differente. E l’assessore Antonio Moro, seduto solo da qualche mese nella poltrona più rovente della giunta Solinas, è al lavoro da tempo su alternative da proporre. Servirebbe un atto di coraggio, un rischio calcolato che faccia diventare gli scali sardi più appetibili per le compagnie. A parte i grandi hub i piccoli scali lavorano tutti con lo stesso modello: quello delle low cost.
Gli aeroporti non sono più gestori del traffico aereo, ma società il cui ruolo è trovare i soldi per acquistare passeggeri. Ryanair e le sue sorelle vendono traffico e chi vuole vedere gli aerei catapultare turisti nelle proprie regioni deve pagare. Il trasporto non segue più il principio del garantire la mobilità per tutti, ma quello del garantire profitti alle compagnie aeree. Il grande business dei cieli è alimentato da finte offerte speciali. Quel biglietto per andare a Londra che l’utente paga 9.99 euro, in realtà costa molto di più, perché c’è una parte di quel ticket che ha pagato con le sue tasse. Sono i soldi che il contribuente paga con le sue tasse . Vanno alla Regione che li gira agli aeroporti che acquistano traffico dalle compagnie. Ma tutto questo per l’Europa è del tutto normale, fa parte del libero mercato, non di una distorsione delle leggi sulla concorrenza. Chi non è low cost non può applicare questo modello di business. Ma c’è un altro aspetto che fino a ora i sardi non hanno mai considerato. Le compagnie low cost arrivano in Sardegna grazie ai soldi che la Regione e le società di gestione aeroportuale pagano. In altre parole i sardi con le loro tasse non solo pagano i loro biglietti, ma pagano una quota dei biglietti che i ricchi turisti acquistano per venire in Sardegna. In molti ora rimpiangono Meridiana e il suo modello etico di trasporto, da società privata operava come una compagnia di bandiera. La Regione e il governo l’hanno fatta morire assistendo imbelli alle manovre da schianto qatariote e vagheggiando la nascita di una Flotta sarda dei cieli. Un disastro aereo che solo ora i sardi iniziano a capire.
© RIPRODUZIONE RISERVATA