Ripartenza tra speranze e difficoltà
In Italia, stando ai dati Ocse appena pubblicati, più di un quinto dei giovani adulti non arriva a un’istruzione superiore – il dato sale un quarto nel sud Italia: gli auguri all’inizio dell’anno non bastano, ci vogliono investimenti e il giusto riconoscimento del lavoro dei docenti
Con la scuola, a settembre, riparte tutto. Perché in quelle aule affidiamo tutti il futuro del mondo, ed è qualcosa che inorgoglisce. Gli auguri agli studenti sono anche gli auguri alle famiglie, alla quotidianità, al tempo che verrà a cambiarci. Sperando che qualcosa la cambi davvero, e che parta proprio dalle classi dei nostri istituti. Perché l’aria che tira è tutt’altro che tersa. In Italia, stando ai dati Ocse appena pubblicati, più di un quinto dei giovani adulti non arriva a un’istruzione superiore -il dato sale un quarto nel sud Italia-. Insegnare è ancora una voce del verbo resistere: il precariato continua a imperversare sulla categoria e gli stipendi italiani sono sotto la media europea. È ridotto e incostante il ricambio generazionale del corpo docente, soprattutto nei licei, dove ben più della metà dei docenti ha più di cinquant’anni. Ma non basta. Aggiungiamo i problemi strutturali, le emergenze edilizie, l’abbandono scolastico – l’Italia è tra i primi stati in Europa - e, a completare il quadro felice, i soliti tagli di spesa. Il risultato lo abbiamo davanti agli occhi: un’istituzione fondamentale che viene ancora trascurata e offesa. Che alimenta un Paese intero e subisce, oltre al danno, la beffa di una narrazione che la onora soltanto a parole. Ma le attenzioni di tutti sono per l’inversione di rotta della scuola pubblica in Svezia, che torna a carta e penna dopo una parentesi di strumenti digitali. Dovremmo imparare a fare degli auguri esatti all’inizio di ogni anno scolastico. Chiedere il giusto riconoscimento del lavoro dei docenti. Pretendere un investimento di numeri, e non di parole, sul futuro delle generazioni italiane. Sperare in una riforma strutturale e centralizzata che non sia fatta di pezze e nemmeno di ricami. Istruire non è un’azione facile, educare lo è ancora meno. E se è vero, come è vero, che l’esempio deve essere virtuoso, diamo ai ragazzi la possibilità di vederne tanti, se ci riusciamo -ci riusciremo?-. Buon anno a tutti, e che sia l’ultimo in cui si cerca il male minore.