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La difesa di Casu: «Fu il solo Palumbo ad arricchirsi»

di Enrico Carta
La difesa di Casu: «Fu il solo Palumbo ad arricchirsi»

ORISTANO. Sono le ultime armi. In alcuni momenti sono state armi affilate, tanto che ci sono stati momenti di contestazione diretta tra un avvocato della difesa e il pubblico ministero. Ieri mattina...

19 gennaio 2013
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ORISTANO. Sono le ultime armi. In alcuni momenti sono state armi affilate, tanto che ci sono stati momenti di contestazione diretta tra un avvocato della difesa e il pubblico ministero. Ieri mattina si sono concluse le arringhe al processo per la presunta associazione a delinquere con la quale alcuni imprenditori oristanesi, aiutati da uno studio contabile, avrebbero evaso centinaia di migliaia di euro non pagando l’Iva.

Il processo è quello legato alla vendita delle auto di lusso per il quale sono imputati gli imprenditori oristanesi Marco Palumbo, Giuseppe Casu e Biagio Palumbo e i commercialisti romani Francesco e Claudio Fusaro. Il pubblico ministero Andrea Padalino Morichini aveva chiesto le condanne per i primi due e per Claudio Fusaro, sollecitando invece l’assoluzione per Biagio Palumbo e Francesco Fusaro.

Dopo le arringhe degli avvocati Mario Gusi, Pasquale Ramazzotti, Gianfranco Congiu e Stefano Gabbrielli, difensori rispettivamente di Biagio e Marco Palumbo, di Francesco e Claudio Fusaro, è stata la volta degli avvocati Giuseppe De Napoli e Marco Franco. Il primo assiste, a sua volta, Claudio Fusaro e ha subito puntato il dito contro l’accusa più pesante, quella di associazione a delinquere ribadendo argomenti già tirati in ballo dal resto del collegio difensivo ed evidenziando nuovi elementi che chiarirebbero che questo presunto clan, in realtà, non è mai esistito e che, stando proprio alle contestazioni dell’accusa, un’eventuale sodalizio criminale sarebbe nato lontano da Oristano, per cui la competenza territoriale è di un altro tribunale.

Le stoccate più decise sono arrivate dall’avvocato Marco Franco, difensore di Giuseppe Casu. Da subito ha ricordato, come per ammissione dello stesso pubblico ministero, la sua posizione sarebbe quella meno compromessa. E a provarlo ci sarebbe il fatto che ad arricchirsi, in tutta questa vicenda, sarebbe stato Marco Palumbo. Giuseppe Casu resterebbe per tutta la vicenda in secondo piano. Non comunicano con lui i dipendenti delle società nel momento in cui dovevano emettere fatture. Non parla con lui il commercialista al momento di stilare i bilanci e nemmeno il coimputato Claudio Fusaro ebbe contatti quando veniva ideata la truffa dei fiori di loto e in cui vennero create le società “cartiera” a Cipro. Persino le sue firme sarebbero state falsificate e i suoi computer erano assolutamente immacolati perché non contenevano tracce delle fatture delle società. Insomma, Giuseppe Casu avrebbe avuto la sola colpa di essersi fidato di Marco Palumbo, ritenuto dall’avvocato Marco Franco il faro delle ditte in cui erano soci.

Concluse le arringhe, si passa al momento decisivo. Il 1° febbraio si torna in aula per eventuali repliche, poi è possibile che i giudici entrino in camera di consiglio per la sentenza.

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