Terralba urla: «Non condannateci a morte»
Sulla 131 cartelli e striscioni di protesta contro il Piano stralcio per le fasce fluviali
TERRALBA. Nessuna bandiera bianca. L’angoscia per l’approvazione del Piano stralcio per le fasce fluviali con i suoi vincoli si fa sentire sempre più e spinge il comitato Salviamo Terralba a nuove forme di protesta.
Ieri pomeriggio un folto gruppo di professionisti, artigiani e cittadini ha appeso striscioni di protesta lungo la 131, tra Marrubiu e Terralba, in cui si chiede alla Regione di non condannarli a morte. Un gesto simbolico che esprime la fortissima preoccupazione per le ripercussioni economiche e sociali dei vincoli idrogeologici sul territorio. Per sottolineare la disperazione dei lavoratori dell’edilizia sono stati appesi dei pupazzi sull’alto dei pali a rappresentare la morte dei cittadini.
Per questi manifestanti la sicurezza del territorio non può fare rima con la paralisi, ma con forme di tutela più equilibrate e verosimili. Giovedì infatti il Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino procederà all’adozione del Piano per Terralba e si deciderà il destino della cittadina. «Durante questo lungo periodo, nel quale sono stati forniti alla Regione i dati tecnici e le simulazioni probabilistiche richiesti, si è vista riconosciuta la validità tecnico-scientifica degli studi – dichiarano i componenti comitato –. Ora i tecnici regionali continuano a porre sempre nuove e pretestuose eccezioni di carattere tecnico ad personam, le quali per la loro unicità e intempestività palesano una chiara azione discriminatoria nei confronti di Terralba».
Ma non è più ai tecnici che i cittadini si rivolgono per chiedere l’ascolto alle proprie paure: «Giovedì la parola passerà ai nostri amministratori e in primis al presidente Cappellacci, i quali, soli di fronte alle loro responsabilità, dovranno decidere se assumersi l’onere di valutare, con obbiettività e con coscienza, quantomeno la plausibilità dello studio redatto dal Comune – scrive il comitato –, consentendo così un notevole ridimensionamento del rischio idrogeologico e degli oneri economico-sociali conseguenti, oppure rinunciando al loro peculiare ruolo istituzionale allinearsi all’irresponsabilità politica dei loro funzionari e burocrati, condannando a morte sicura un intero comune abitato da diecimila anime».