La Nuova Sardegna

Oristano

A Oristano per ora nessuna azione del pm

di Enrico Carta
A Oristano per ora nessuna azione del pm

L’allarme sul nubifragio è stato dato per tempo, non ci sarebbero colpevoli per la vittima e i danni

23 novembre 2013
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ORISTANO. Per ora niente inchieste. Il procuratore Andrea Padalino Morichini aspetta i rapporti delle forze dell’ordine in azione nei vari teatri dell’alluvione, prima di prendere una decisione. Poi farà una riunione coi suoi colleghi ed infine, tutti assieme, decideranno il da farsi. Ma non sembra esserci molto spazio, nel tribunale di Oristano, per indagini che vadano a caccia di responsabili.

Ci si distanzia dalla linea seguita da altre procure e i motivi sono scritti proprio nella dinamica di quel che è accaduto in questi giorni, in particolare lunedì. In provincia l’alluvione che pure ha fatto la sua vittima – Vannina Figus è morta annegata nella sua casa di Uras – ha avuto caratteristiche diverse rispetto alle altre zone della Sardegna. In più, rispetto ad altri territori, non ci sono stati crolli, smottamenti, strade inghiottite dalla furia dell’acqua e opere pubbliche appena costruite dissolte come castelli di sabbia.

È Antonello Cadoni, il comandante della stazione Forestale di Marrubiu, competente anche sui territori di Uras e Terralba, a spiegare cosa ci sia di diverso rispetto alle altre zone dell’isola ugualmente devastate: «Ad Uras eravamo presenti in forze sin dalle nove del mattino di lunedì, proprio per via dell’allerta meteo. Abbiamo monitorato i punti più critici e i corsi d’acqua sino alle 10.30 e la situazione era assolutamente normale nonostante la pioggia».

È quel che è successo dopo, che nessuno avrebbe potuto prevedere. «In meno di mezzora sul Monte Arci che si trova alle spalle del paese, ma comunque a una certa distanza dal centro abitato, sono caduti i famosi seicento millimetri di pioggia. Qualcosa deve aver sbarrato il cammino dell’acqua e probabilmente si è creata una sorta di diga. Una volta che l’acqua ha superato questo sbarramento, è arrivata giù tutta assieme come un’onda».

È quello che è stato definito effetto Vajont, perché è come se fosse crollata un’enorme diga, trascinando con sé anche una valanga di detriti.

Diversa la situazione per Terralba, dove il Rio Mogoro si è ripreso il suo corso naturale. Ma la sua deviazione non è certo questione dei giorni nostri. La bonifica fu fatta nel 1920 assieme a quella della piana di Arborea e allora fu deviato anche il fiume che in un secolo non ha mai rinunciato a riprendersi la sua strada. Lunedì l’ha fatto.

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