La Nuova Sardegna

Oristano

Doddore Meloni: «Sono stato rapito dai servizi segreti»

di Enrico Carta
Doddore Meloni: «Sono stato rapito dai servizi segreti»

La replica dell’esponente indipendentista al rinvio a giudizio Secondo la procura avrebbe inscenato il proprio sequestro

10 maggio 2014
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ORISTANO. «Sono talmente preoccupato che ieri ho gozzovigliato con degli amici. Non hanno capito che ogni volta che mi processano, mi fanno un favore». Scomporsi, mai. Sembra la missione di vita di Doddore Meloni che, se fosse uno sportivo, vincerebbe sul campo il premio fair play. Di fronte alla simulazione di reato che gli viene contestata perché avrebbe inventato il suo sequestro di persona, l’ironia regna sovrana nelle sue dichiarazioni, come in tante altre occasioni.

La prima reazione alla procura, che lo accusa di aver inscenato un finto rapimento il 14 febbraio del 2013, probabilmente per cercare visibilità in vista dell’allora prossima tornata elettorale, è stata quella di aver risolto il primo problema mattutino: «Adoro la Procura di Oristano. Infatti ieri mattina, prima di partire per lo studio di Radio Star di Carbonia, dove vado in diretta in una trasmissione denominata “Doddore contro tutti”, mi sono recato in edicola per ritirare i giornali e, mentre leggevo le notizie riportate in prima pagina, per poter scegliere gli argomenti di cui parlare durante la trasmissione, trovo il mio nome in una locandina della Nuova Sardegna. Appena letta la locandina, mi son detto “Bene, bene Doddore. Ecco, trovato». Quell’«èureka» quasi pitagorico è riferito ovviamente all’argomento di cui parlare nella trasmissione radio.

Ma al di là dell’ironia, è ben più pungente la risposta di Doddore Meloni alla procura sul rinvio a giudizio con citazione diretta per simulazione di reato, arrivato dopo l’archiviazione del primo filone d’inchiesta sul sequestro di persona chiuso senza elementi che facessero pensare agli inquirenti che qualcuno si fosse «preso» il fondatore della Repubblica di Malu Entu e ispiratore del movimento politico Meris.

«Gli dà fastidio che il tribunale di Brescia abbia deciso il dissequestro del materiale di mia proprietà finito nell’inchiesta veneta sull’indipendentismo padano?», è la domanda che si pone Doddore Meloni. Proprio da Brescia, sempre due giorni fa, era infatti stato deciso che il fazzoletto, la bandiera, un computer e alcuni documenti dovessero tornare al loro legittimo proprietario. Segnale, secondo Doddore Meloni, che l’inchiesta del nord Italia sulla presunta rivoluzione armata in via di preparazione evidentemente non ha coinvolgimenti tra esponenti dell’indipendentismo sardo.

Il resto dei commenti è invece dedicato proprio al processo per simulazione di reato: «Non vedo l’ora, perché sarà la procura a dover rispondere alle mie domande. Perché non hanno indagato due anni prima quando ho fatto la denuncia per le minacce ricevute? Mi avevano inviato cinque proiettili a croce, ma nessuno si è preoccupato di questo avvertimento. E poi i Guardiani della Nazione, dicono che non esistono, ma gli basta dare uno sguardo su internet per scoprire che sono un gruppo armato». Chi ci sia dietro, è un mistero che Doddore Meloni risolve al volo: «Tutto, dalla simbologia ai termini usati, fa capire che dietro c’è gente delle istituzioni». Servizi segreti, polizia e magistratura, che l’avrebbero rapito per poi incastrarlo? In aula sarà tutto più chiaro, mentre per il momento le dichiarazioni dell’avvocato Cristina Puddu sono abbastanza concise: «Avevamo intuito tutto sin dall’archiviazione. Gli atti di questo procedimento sono i medesimi e Doddore Meloni è l’unico indagato, per cui si sarebbe rapito da solo. È una deduzione senza alcuna prova concreta».

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