La Nuova Sardegna

Oristano

Il pm: «Condannate il dipendente comunale»

di Enrico Carta
Il pm: «Condannate il dipendente comunale»

L’accusa chiede 3 anni e 5 mesi per l’ex responsabile del Cantiere di via Zara La difesa di Marco Sechi: «Nessun reato, l’imputato è da assolvere»

26 ottobre 2016
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ORISTANO. Scuote la testa. La richiesta di condanna è pesante, ma per sapere come si concluderà il processo a suo carico deve attendere. Forse l’ex responsabile del Cantiere Comunale, Marco Sechi, avrebbe gradito una sentenza già ieri, ma si trova di fronte a un rinvio al 17 novembre per le repliche. Intanto deve fare i conti con la requisitoria del pubblico ministero, Rossella Spano, che dopo aver riassunto diversi mesi di inchiesta e numerose udienze è arrivata alla conclusione sollecitando una doppia pena per i quattro reati che vengono contestati: un anno e otto mesi per furto aggravato e occupazione di edificio pubblico, un anno e nove mesi per truffa e peculato.

Il totale per i reati che sarebbero stati commessi ai danni dell’amministrazione comunale è di tre anni e cinque mesi. Il tutto è figlio di un’inchiesta portata avanti dalla Guardia di Finanza, accompagnata anche dalle testimonianze di alcuni ex dipendenti della struttura che per l’ente pubblico si occupa di manutenzioni, e del dirigente Walter Murru, responsabile del settore dei Lavori pubblici. È il 2012 quando iniziano i pedinamenti e i controlli. In realtà gli agenti delle Fiamme Gialle, come ha ricordato il pubblico ministero, arrivarono in via Zara per valutare la posizione di uno degli altri indagati di questa inchiesta che ha coinvolto altre quattro persone che hanno concluso la loro avventura attraverso patteggiamenti o l’istituto della messa alla prova.

Il primo passo è la scoperta di un’attività privata all’interno dell’area comunale. Ci sono una falegnameria e un locale per la riparazione delle barche. Naturalmente non dovrebbe accadere in uno spazio pubblico e, per il pubblico ministero, il responsabile del Cantiere non poteva non notare le barche. Come non poteva non vedere i frigoriferi o il camion bar. Questi appartenevano alla moglie di un altro dipendente e nella struttura trovavano spazio utilizzando anche la corrente elettrica. Da qui le prime accuse di furto e di occupazione di edificio pubblico, mentre il peculato e la truffa contestati sono figli dell’utilizzo dell’auto di servizio in orari non di lavoro e della timbratura del cartellino che avveniva nonostante Marco Sechi si trovasse altrove. «Chi lo faceva per lui?», si è chiesto il pubblico ministero, ipotizzando che ci fosse uno scambio di favori con quei dipendenti per i quali il responsabile chiudeva un occhio e consentiva loro di ospitare addirittura attività private.

La difesa ha respinto punto per punto queste contestazioni nella maniera che già aveva fatto intuire durante la lunga serie di udienze precedenti. L’avvocato Laura Onida ha ricordato come l’attività privata all’interno del Cantiere fosse l’eredità di un passato assai lontano. La falegnameria si trovava lì addirittura dal 1990 regolarmente autorizzata con una delibera comunale. E la presenza dell’auto di servizio a casa o le ore di straordinario indicate nel registro delle presenze? La reperibilità e la mancanza di una linea telefonica furono la causa di tutto ciò. La prima costringeva Marco Sechi ad avere la macchina con sè anche oltre l’orario di lavoro specialmente durante i periodi elettorali; la seconda lo obbligava a concludere a casa il lavoro iniziato nell’ufficio. «Non c’è stato alcun danno né disfunzionalità per l’ente, tutto è stato fatto in buona fede», conclude l’avvocato difensore. Il braccio di ferro prosegue in aula il 17 novembre. Dopo le repliche arriverà la sentenza.

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